Si affilano le armi in vista del primo processo penale sui T-Red, quello di Verona, che comincerà a entrare nel vivo tra una settimana (giovedì 10 febbraio). E già qualcuno pronostica che siano in arrivo rinvii a giudizio per l'altro filone della vicenda, quello milanese. Ma intanto casca a fagiolo una stima americana sul risparmio di vite umane che i controlli automatici ai semafori avrebbero comportato: il 25% di vittime in meno agli incroci della grandi città messi sotto sorveglianza. E, se i controlli fossero estesi a tutte le grandi città, ci sarebbero altri 815 morti in meno.
Queste sono solo stime, sia chiaro (per quanto di fonte autorevole come l'Iihs). Ma in Italia nessuno si è mai preso la briga di fare un lavoro del genere. Nemmeno, più semplicemente, su scala locale, con un sindaco magari desideroso di dimostrare che una sua scelta tanto criticata (l'accusa è sempre la solita: "Fai solo cassa") è stata invece provvidenziale.
Da noi preferiamo discutere di durata del tempo di giallo, legittimità delle omologazioni e di affidabilità delle apparecchiature. Il brutto è che, almeno a prima vista, non sono nemmeno questioni infondate. Sul tempo di giallo giocano sia i troppi guidatori che vogliono passare quando è ormai vietato sia i Comuni, che lo sanno benissimo e cercano di approfittarne per fare cassa. Sulla legittimità delle omologazioni, la materia è complessa ed è resa ancor più complicata dall'affastellarsi di varie prassi. Sull'affidabilità delle apparecchiature, non si riesce ancora a capire se le percentuali di errore del T-Red (che concettualmente è avanzatissimo) siano in linea con la media degli altri apparecchi. Tutte questioni frutto di un Paese furbo, dove nessuno si fida più di nessuno e spesso si persegue un interesse diverso da quello istituzionale o da quello anche semplicemente dichiarato.