Speriamo sia stato solo un errore tecnico. O che ci sia una norma tra le centinaia di migliaia che vigono in Italia che renda legale tutto quello che vi sto per raccontare. Il Comune di Milano cerca due dirigenti per la Polizia locale, ma lo fa con un bando pubblicato solo sulla propria intranet (Scarica Bando 2 posti dirigenti). Come dire che si tratta di un concorso interno, cioè solo tra chi può consultare quella intranet.
Certo, concorsi interni se ne fanno. Ma pare non si possa farne in una situazione come questa. Così il sospetto negli uffici comunali cresce e circolano anche i nomi di due funzionari destinati a vincere. Vedremo se effettivamente vinceranno. O magari se la loro candidatura deraglierà per le voci che circolano (e allora i due funzionari saranno stati danneggiati da questa vicenda, per cui sarebbe convenuto anche a loro un concorso più aperto).
Ma intanto è certo che si ripropone il problema del rapporto tra polizia locale e politica.
Infatti, chi decide chi va promosso o chi deve essere il comandante? E in base a quali criteri? Bravura o appartenenza a una cordata vincente? In Italia poche volte viene garantito che la scelta privilegi i più bravi: meglio qualcuno fedele, che assecondi la Giunta comunale anche quando vuol fare cose strane, inefficaci o illegittime, ma che magari portano consenso o accontentano amici e sostenitori.
Ecco perché ci vorrebbe una legge di riforma della polizia locale. Oggi lo status di questi corpi è regolato da pochi articoli che risalgono al 1986 e sta finendo una legislatura in cui, come nelle precedenti, le proposte di legge di riformapresentate sono state lasciate languire in Parlamento. A chi giova?