Stamattina permettetemi di uscire dal seminato. Gli incroci della vita mi riportano a Milano e sto preparando il trasloco da Bari (per questo non riesco a essere assiduo con i post). Così ho scritto un messaggio di commiato ai tanti collaboratori free lance che ho avuto in Puglia e Basilicata in questi otto anni. Sapete qual è stata la loro risposta più frequente? “Grazie per avermi dato la possibilità di collaborare”. Non è una frase banale come sembra: nel giornalismo, soprattutto al Sud, la possibilità di collaborare si concede solo agli amici e agli amici degli amici.
Ecco perché mi ringraziano: quello che è un diritto del singolo (cui poi corrisponde il diritto del giornale a selezionare chi appare migliore) si trasforma in favore. A prescindere dalla qualità della persona. Così, quando a fine 2003 mi ritrovai paracadutato a Bari, mi trovai di fronte a chi cercava approcci in qualsiasi modo, perché la regola era quella: ingraziarsi e ammanicarsi per poter lavorare (che poi nel caso nostro non equivaleva a garantirsi uno stipendio, ma solo un euro per ogni riga di 60 caratteri venisse scritta per “Il Sole-24 Ore”).
Insomma, otto anni fa, dando a chiunque lo chiedesse la semplice possibilità di collaborare, mi resi conto di aver introdotto un principio rivoluzionario. Triste per la professione, ma è così. Ancora oggi. Ed è bene che voi lettori lo sappiate.