Avere un etilometro in regola torna a essere difficile: ci sono apparecchi che da oltre un mese attendono la verifica del ministero delle Infrastrutture, al Csrpad di Roma, indispensabile per poterli affidare alle pattuglie. Insomma, i tempi si allungano e si spera che non si arrivi all'emergenza che denunciai sul Sole-24 Ore più di tre anni fa.
Per un po' il collasso è stato evitato dotando l'unico laboratorio ufficiale di banchi prova automatici. Anzi, i tempi sono diventati brevissimi, grazie anche all'apertura di un altro laboratorio a Milano (e, recentemente, di un altro a Catania). Solo che questi due ultimi centri, per un cavillo di legge, non sono più autorizzati a "trattare" gli etilometri nuovi (verifiche "primitive"), ma solo le verifiche "periodiche" di quelli già in uso. Non solo: la competenza di Milano è stata ristretta al solo Nord-Ovest e questo requisito è stato interpretato con molta rigidità: se il controllo viene richiesta da un privato che cura la manutenzione all'apparecchio in uso a un Comune, fa fede non la sede dell'azienda (che non di rado rientrerebbe proprio nel territorio gestito da Milano), ma quella dell'ente utilizzatore (che è più "sparsa" per il resto d'Italia).
Quindi il lavoro sugli apparecchi nuovi torna ad essere concentrato su Roma.
Il problema è che il Csrpad, pur potenziato, non sembra in grado di reggere un volume di lavoro che è aumentato anche rispetto a quello già elevato di tre-quattro anni fa, quando ci fu la prima ondata massiccia di acquisti di etilometri (finanziata in parte dallo stesso ministero, in parte anche da privati come la Fondazione Ania, che li ha donati ad alcuni Comuni). Infatti, nel frattempo – con la riforma del Codice della strada - i controlli antialcol sono diventati "appetibili" anche ai Comuni.
Soluzioni per il momento non sembrano ipotizzabili. Salvo rendere finalmente ragionevole la formulazione del Regolamento di esecuzione del Codice, in modo da legittimare anche i laboratori decentrati.