Se anche la Ue inganna chi compra le Minicar
La lingua “volgare” entra in un (possibile) testo di legge: nella nuova bozza di direttiva europea sull’omologazione dei motocicli, i quadricicli vengono chiamati “minicar”. Come facciamo noi sui giornali e voi al bar. Alfieri della semplificazione pret-a-porter a uso mediatico (come i ministri o ex Brunetta, Calderoli e Bassanini) si dichiarerebbero contenti. Ma in questo caso c’è una controindicazione non da poco: rischiamo di rafforzare nel pubblico la convinzione che questi discussi veicoli siano simili alle vetture e che l’unica differenza “vera” stia nelle dimensioni. Purtroppo non è così.
Ho sempre pensato che, quando si parla di pericolosità delle minicar, si esagera. E che c’è una ragione ben precisa: le si scambia proprio per normali vetture e quindi si chiede che siano altrettanto sicure, cosa impossibile per legge (non possono pesare più di 350 kg) sia per costruzione (costerebbero più di auto normali, perché se ne vendono appena lo 0,3 per cento rispetto alle vetture, quindi addio economie di scala).
Su questo giocano anche i venditori, che per vendere devono soprattutto giustificare prezzi più vicini a quelli di un’utilitaria che a quelli di un motorino.
Poi però al primo incidente ci si accorge che i livelli di sicurezza sono diversi e ci si scatena contro le microcar. Sarebbe meglio conoscere prima i loro limiti. Anche per regolarsi di conseguenza. Sia nell’acquisto sia nell’utilizzo su strada (che sarebbe di certo più prudente, conoscendo questi limiti).