Di per sé, non è una sentenza sconvolgente, anzi: quella depositata l'altro ieri con cui la Cassazione ha stabilito che la taratura dei rilevatori di velocità non è obbligatoria (la n. 11273/10, della seconda sezione civile) è solo la conferma di un indirizzo che pare ormai consolidato. Però fa riflettere e molto pure. Sì, perché i fatti cui si riferisce sono avvenuti nel 2005 e nel frattempo tutti gli organi di polizia si sono "convertiti" alla taratura. Addirittura la Stradale, che non aveva soldi per effettuarla, adesso li ha trovati. Segno che nessuno si fida della Cassazione e teme che la giurisprudenza possa cambiare, scatenando il caos e ulteriore contenzioso. Sapete com'è l'Italia…
Proprio nel 2005, in assenza di leggi nazionali o direttive europee specifiche, i ministeri delle Infrastrutture e dell'Interno concertarono un'interpretazione per uscire dall'assedio di un contenzioso che rischiava di travolgere loro e i Comuni dotati di misuratori di velocità. Con un paio di circolari, confermarono che non esiste alcun obbligo legale di taratura, ma stabilirono la prassi secondo cui gli apparecchi vanno tarati solo quando si vuole utilizzarli in modalità automatica (cioè senza il presidio di agenti). Un'interpretazione che dava un colpo al cerchio e uno alla botte e che dal punto di vista tecnico era molto discutibile: se uno strumento si sballa, non è certo la presenza di un agente a cambiare le cose
Infatti, l'operatore può accorgersi se l'apparecchio è montato male, è stato spostato, si è deformato o ha comunque una spia di malfunzionamento accesa, ma in tutte queste ipotesi la rilevazione della velocità o è impossibile per il guasto o viene inibita in automatico dai sistemi di autodiagnosi di cui il misuratore è dotato. Inoltre, ci possono essere casi (rarissimi: io non ne ho mai visti) in cui tutto sembra funzionare alla perfezione, ma lo strumento ha una piccolissima deformazione. Qui l'agente non può accorgersene, perché non riesce certo a valutare che – per esempio – quell'auto misurata in autostrada a 179 all'ora (cosa che comporta tra l'altro la sospensione della patente e la decurtazione di 10 punti) in realtà faceva i 177 (fattispecie in cui non c'è sospensione e si perdono solo cinque punti).
E allora perché i ministeri se ne uscirono con quella circolare? Semplice: non c'erano abbastanza laboratori accreditati a fare tutte le tarature, che sono le uniche operazioni con le quali possono essere scoperti i minimi scarti di misura dovuti a quelle piccolissime deformazioni o ad altre cause impercettibili. Oggi i laboratori ci sono e non a caso il ministero delle Infrastrutture, nelle omologazioni effettuate negli ultimi anni, ha pressoché sempre prescritto (direttamente nei decreti o indirettamente facendola aggiungere ai manuali d'uso, che sono vincolanti per l'utilizzatore) la taratura obbligatoria.
Ribadisco che non c'è alcun obbligo generalizzato di taratura e che nella stragrande maggioranza dei casi uno strumento starato non effettua rilevazioni già di per sé. Inoltre, quei pochi casi che ho visto in cui sono state attribuite velocità errate sono stati dovuti ad altri fattori, come la presenza contemporanea di due veicoli (situazione in cui gli agenti hanno l'ordine di scartare il fotogramma, ma qualcosa può sempre sfuggire per errore umano o per mancato esame delle immagini). E, d'altra parte, chi fa ricorso per la mancata taratura dello strumento non dice mai che in realtà andava più piano di quanto misurato, perché non è vero. Ma un caso potrebbe capitare. Così oggi ministero e polizie si sono cautelati prescrivendo ed effettuando le tarature.