Londra ci invidia Andreotti? E Roma dovrebbe invidiare i politici inglesi

Niente politica, per carità! Però stamattina mi ha incuriosito il titolo di www.repubblica.it sugli sviluppi delle trattative per formare il nuovo governo britannico: "E l'Inghilterra scoprì Andreotti". Credo alludesse ai bizantinismi ora necessari per sbrogliare una matassa resa complicata dall'esito frammentato del voto, tipico in Italia ma non usuale Oltremanica, dove quindi sarebbe necessaria l'arte di un Andreotti. Poi però ho preso in mano il "Corriere della Sera" e ho visto che in prima pagina la fotonotizia dedicata allo stesso argomento mostrava uno dei pretendenti (Nick Clegg) sul sedile posteriore dell'auto blu, col telefonino incollato all'orecchio. Come i nostri politici all'uscita di Quirinale, Palazzo Chigi, Palazzo Grazioli eccetera – direte voi. E invece no: c'era la differenza fondamentale che Clegg indossava le cinture. Come ho visto fare negli anni a tanti leader inglesi.

Ciò fa crollare uno degli alibi più invocati dai nostri politici, pronti a votare giri di vite sul Codice della strada e a trasformarsi in trasgressori incalliti persino non guidando: l'alibi del terrorismo.

E già. Perché non si può certo argomentare che Londra sia un posto meno a rischio rispetto a Roma: negli ultimi anni Al Qaeda non ha solo progettato attentati come in Italia, ma ne ha anche portati a termine. Bombe in luoghi affollati e non agguati ai politici – obietterete voi. Ma per i politici inglesi il rischio c'era comunque, visto che si deve a loro la scelta di assecondare la guera di Bush in Iraq, che poi ha contribuito a mettere Londra in cima alla lista di Al Qaeda.

Né regge evocare il caso Moro. Perché, quando noi avevamo le Br in piena attività, loro avevano i nordirlandesi dell'Ira. Certo, poi la principessa Diana era inglese ed è morta per non aver allacciato le cinture posteriori. La classica eccezione che conferma la regola.