Sorpresa: la Giulietta può avere i fari adattivi. Basteranno a colmare il gap tecnologico delle italiane?

Finalmente ottime notizie sulle dotazioni di sicurezza delle auto italiane: dopo anni in cui non siamo stati capaci di offrire i fari bixeno adattivi nemmeno sulle ammiraglie da 130mila euro, con la nuova Giulietta finalmente ci riscattiamo. L'ho scoperto nell'anteprima che ha dato SicurAUTO (http://www.sicurauto.it/blog/news/lalfa-giulietta-prende-5-stelle-euro-ncap-e-regala-i-corsi-di-guida-sicura.html), nella quale si sottolineano altri dettagli interessanti e in anticipo rispetto alla grande stampa, che sta guardando la macchina solo in queste ore.

Ma basteranno i fari bixeno adattivi per riscattare un'industria nazionale avara di dispositivi di sicurezza avanzati? Tanto più che in queste stesse ore l'amministrazione Obama ha dichiarato al Senato Usa che sta valutando di rendere obbligatori sistemi di frenata automatica su tutte le auto nuove (quindi comprese le Chrysler e i modelli italiani che la Fiat conta di vendere anche oltreoceano)?

Si potrebbe dire di no perché li offrono solo come optional a pagamento. Anche sulla versione più accessoriata. Ma non è un'osservazione corretta: la concorrenza non si comporta diversamente e bisogna salire alle versioni migliori di Bmw Serie 3 e Mercedes Classe C per trovarli di serie.

Il vero problema è che ormai i bixeno adattivi,l per quanto avanzati, sono stati lanciati oltre un lustro fa e quindi sono stati già metabolizzati dalla clientela più attenta. Oggi la frontiera si sposta verso diavolerie come cruise control adattivi, lettori di segnali, allarmi di angolo morto nello specchietto, sistemi di visione notturna e avviso di cambio di corsia involontario. Solo quest'ultimo è nall'attuale bagaglio tecnico dell'industria nazionale. Attenzione: questo non avviene per pura arretratezza, ma per il fatto che sono sistemi sviluppati perlopiù da grossi componentisti, dai quali bisogna presentarsi forti di ordinativi massicci (ciò vi dà l'idea del potere che hanno). E noi italiani non possiamo permetterceli: preferiamo interni in pelle superpregiata e impianti stereo da favola. Quindi restiamo arretrati per scelta dei consumatori.

  • ombrachecammina |

    domanda : non che il fatto che il mercato aftermarket sia cosi’ “italicamente strangolato” (con i pro ed i contro) che blocca nache la ricerca parallela di certe soluzioni aldifuori delle case automobilistiche ? Non e’ il fatto che il fenomeno “tuning” sia regolato cosi’ com’e’ in Italia, che abbia anche bloccato “i piccoli” a sviluppare e ricercare semplicemnte perche’ non ci sono sbocchi autorizzati sul mercato ? E non parlo di corporativismo o cartelli o concorrenza sleale, ma semplicemnte di idee, produttori e “legalismi” vari.
    [risponde Maurizio Caprino] Però per fare ricerca avanzata occorre generalmente essere grandi: troppo cospicue sono le risorse da dedicare. Certo, poi ho sentito anch’io qualche piccolo che parla di lobby dei grandi per inventare progetti inutilmente costosi e farseli finanziare anche dalle casse pubbliche e magari è pure così, ma per dimostrarlo ci vogliono le prove.

  • samot |

    Nicola è uno che la sa lunga, aggiungerei che i brevetti venduti a Fiat non erano poi stati sviluppati un granché e che qualche anno fa si parlò addirittura di cessione del centro ricerca Fiat (salvo poi capire che era, come oggi si è dimostrato, uno dei pochi asset sani dell’azienda). Un saluto a Nicola e visto che ci sono anche una presentazione così da avere chiaro con chi si parla: Tommaso Caravani di NM

  • Nicola Giardino |

    Eppure non hanno da andare lontani ad acquistarla perché Nel gruppo Magneti Marelli la consociata Automitve Ligting, totalmente controllata totalmente, vale il 30% di tutto il gruppo ed inoltre è fra i primi quattro produttori mondiali ed ha acquistato da Bosch nel 2001 il business della fanaleria avendo così accesso ai grandi marchi VW-Audi, BMW e Mercedes. e’ stato anche nel 1991 il primo produttore a lanciare la tecnologia Xeno, nel 2003 quella dei fari adattivi e nel 2007 quella Led. D’altronde Fiat è quella che aveva ceduto a Bosch i brevetti del common rail.

  • samot |

    Non credo che il divario tecnologico con le tedesce si combatta attraverso l’utilizzo di accessori sempre più inflazionati (di questireputo che i più apprezzati dagli automobilisti siano in realtà quelli base: clima automatico, cruise control, sistemi di attivazione automatica di tergi e luci… basta). La vera differenza la si gioca sul piano dell’immagine, legata più che altro all’affidabilità del brand più che al singolo modello. In questo Alfa è ancora in dietro, nonostante, nella realtà, la qualità media sia migliorata (no0n era difficile viste le premesse). Altro punto che non comprendo ma su cui, magari, tu hai le idee più chiare: ma si può chiamare quella che fino a ieri doveva essere la nuova Alfa “Milano” Giulietta? non è un grave errore di marketing buttare via un nome storico senza cercare almeno in parte di fare un restyling della vecchia gloria Alfa? Il caso 500 non ha insegnato niente al Gruppo?
    Per quanto riguarda, infine, i coponentisti, la questione dei volumi è solo parzialmente vera: se si paga si ottengono anche stock minimi, mentre concordo in pieno sulla loro importanza strategica e dimensione (basta pensare che un “componentista” come Magna stava per comprarsi Opel).
    [risponde Maurizio Caprino] Concordo sul fatto che la guerra si vince con l’immagine e non con le dotazioni di sicurezza avanzate, tant’è che nel post scrivevo che la Fiat non avrebbe massa critica per accordarsi con i componentisti-padroni (né tanto meno i soldi per pagare prezzi unitari superiori: pensiamo che anche la 159 doveva essere più leggera ma poi ragioni di costo hanno fatto ripiegare su materiali più ordinari, con le conseguenze sul peso che tutti conosciamo). Ma io facevo un discorso tutto improntato alla sicurezza, non alle vendite (se non a quelle verso chi fa delle dotazioni avanzate una condicio sine qua non, anche a costo di pagarle tanto e di rischiare malfunzionamenti).
    Quanto al nome Milano, è una storia poco lineare: si decise di rispolverarlo non tanto per rinverdire vecchi fasti (la mente sarebbe corsa alla sfortunata versione 3 litri della 75 che a fine anni Ottanta cercò invano di sedurre gli Usa) ma per rinsaldare un rapporto con la città di nascita del Biscione. Un modo per richiamarsi a tutta la grande tradizione Alfa, quando Marchionne ci credeva ancora e il marchio era nelle mani del milanese Luca De Meo, che pensava anche di dare nuova vita al Museo Alfa. Poi De Meo ha lasciato il gruppo, Marchionne ha cambiato idea e anche gli ultimi dipendenti che lavoraravo ad Arese sono stati trasferiti. Il nome Milano è quindi diventato impronunciabile in Fiat, per timore di dare ai sindacati un argomento di polemica sin troppo facile.

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