L’asfalto cattivo non si butta mai

Un paio d’anni fa, un imprenditore degli asfalti mi ha dato l’idea dell’arretratezza del nostro Paese: al Nord Europa ci sono Paesi in cui le aziende possono arrivare a certificare la pavimentazione dei loro cortili.


In Italia, invece, lo stato comatoso dei consorzi Asi fa sì che le strade delle zone industriali siano piene di voragini che fanno saltare ogni regola su corsie, sensi unici eccetera. Forse è per questo che un gruppo di inglesi è riuscito a crearsi un business in Friuli, rifilando a privati asfalti con prezzi mai visti, giustificati dal fatto che erano “avanzi” di lavori autostradali. E invece erano partite di materiale scartato perché scadente. Tanto scadente che qualche cliente ha dovuto rifare i lavori. La Guardia di finanza di Udine ha scoperto tutto (comprese false fatture emesse da questi signori) e ora invita tutti a stare attenti alle offerte vantaggiose: sono truffe così facili e che possono essere ben ripetute, anche dalle stesse persone.

  • Enrico |

    Secondo Lei, Caprino, e secondo voi, blogger, c’è una qualche speranza che un giorno, nel nostro Paese, si potrà circolare su strade che non facciano venire voglia di cedere alla tentazione di uniformarsi alla moda di suv e fuoristrada anche a chi, come me, li ritiene antieconomici, ma perlomeno capaci di resistere allo stillicidio di sollecitazioni provocato dalle pietose condizioni di gran parte della nostra rete stradale? Mi scuso per la lunghezza della domanda, ma non ne posso più di non riuscire a percorrere un centinaio di metri, in città e nei paesini, come fuori dai centri abitati, senza dover evitare, se possibile, una buca, un rappezzo fatto col *#!@ e quant’altro ci ‘propongono’ le nostre strade, ritrovandomi dopo poche decine di migliaia di chilometri con danni ai tiranti della barra stabilizzatrice, quando non a braccetti e ammortizzatori di una normale vettura. Nel 2009 circoliamo con auto che sono progettate per strade tipo quelle che ho visto nelle mie escursioni in Svizzera o in Francia, o come quelle che tanti amici che viaggiano molto più di me all’estero vedono quotidianamente in altri paesi europei, ma che sono proprio inadeguate, dal punto di vista di ciò che le sospensioni sono chiamate a fare sulle strade italiane in genere. Avremmo bisogno, oggi, di auto con un’impostazione che, una volta, si definiva ‘alla francese’, in grado di assorbire le sollecitazioni dei famosi pavé del nord della Francia!
    A parte il fatto che si potrebbe anche supporre che un certo numero di incidenti sia provocato da improvvisi cedimenti meccanici ricollegabili alle suddette sollecitazioni, tanto non credo che ci siano statistiche tecniche a contestare tale ipotesi, perché deve essere tollerata una situazione generale per la quale ai Comuni conviene stipulare una polizza a copertura dei rischi di risarcimento per danni provocati dalle condizioni delle strade, piuttosto che risolvere il problema alla radice? Perché, nella questione sicurezza stradale, l’opinione pubblica viene orientata a credere che sia pericoloso soltanto un comportamento irresponsabile (velocità, assunzione di alcool o droghe) di chi guida, e pertanto si innalzano le sanzioni e, a ondate peraltro, si intensificano i controlli, ma poi si trascura del tutto la parte che le istituzioni sono chiamate a fare, nel mettere a disposizione di tutti strade che abbiano un minimo di decenza?
    [risponde Maurizio Caprino] Dubito fortemente: avere un asfalto che funziona significherebbe disporre di abbastanza soldi pubblici e utilizzarli in modo virtuoso, cose di cui (per costume e malcostume) non siamo capaci. Se poi aggiungiamo che il Corriere della Sera ha riportato una frase (poi smentita, ma il dubbio resta) di un dirigente Anas secondo cui le buche aiuterebbero a tener desta l’attenzione e a rallentare…

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