Il Tg5 di ieri sera ha riportato un caso di “vittoria della giustizia” sui “soprusi della burocrazia”. Mi sembra il solito caso di notizia data senza riflettere, che m’intristisce per come si sta riducendo la mia professione e – soprattutto – per il ghetto nel quale ci stiamo cacciando noi pochi che ancora cerchiamo di capire le notizie prima di darle.La storia di ieri è questa: un automobilista ligure ha riavuto la patente che gli era stata sospesa perché un test antidroga effettuato dopo un tamponamento aveva dato esito positivo. Il suo avvocato è riuscito a dimostrare che il risultato del test era dovuto agli effetti non ancora smaltiti di un’anestesia praticatagli poco prima da un dentista e ha tenuto a dire che in realtà il suo cliente “si sentiva lucido”. Non conosco direttamente i fatti e mi rendo conto che la guida sotto l’effetto di stupefacenti è un reato (quindi ha i profili soggettivi complessi tipici del diritto penale), ma bisognerebbe andarci piano con certe affermazioni in tv.
Infatti, il Codice della strada non punisce i tossicodipendenti perché fanno cose brutte, ma sanziona la presenza di certe sostanze nell’organismo dei conducenti perché esse rendono meno pronti i riflessi o comunque incidono negativamente sulle capacità di guida. Queste sostanze possono essere assunte o volontariamente drogandosi o involontariamente, magari anche prendendo un farmaco che le contiene. Ma il loro effetto sulla guida resta lo stesso e quindi si dovrebbe lo stesso evitare di condurre veicoli.
E qui arriviamo al problema: occorrerebbe innanzitutto che la gente che si cura sappia che cosa c’è dentro i farmaci che prende. Basterebbe qualche frase sul fogliettino delle avvertenze e modalità d’uso.