Tra dati incerti, un fatto è certo: diminuiscono gli incidenti gravi

Poche settimane fa, l’Istat ha reso noti i dati sugli incidenti stradali 2006. “La Repubblica” ha notato che queste cifre sono destinate a crescere ancora, com’è successo per gli anni precedenti: le comunicazioni tra forze di polizia, ospedali e istituto di statistica sono molto lente e quindi arrivano aggiornamenti anche su fatti avvenuti molto tempo prima. In ogni caso, tutto questo fa sì che le diminuzioni di incidenti, morti e feriti calcolate oggi diventeranno più lievi domani, man mano che arriveranno gli aggiornamenti. Una cosa che – tra l’altro – ci relega tra i Paesi statisticamente meno affidabili d’Europa.
Ma ho trovato un dato certamente aggiornato e anche tranquillizzante: indica che gli incidenti gravi stanno diminuendo. L’ho desunto quando mi sono capitate in mano le cifre sugli interventi dei Vigili del fuoco per incidenti stradali. Sono verosimilmente i sinistri peggiori, cioè quelli in cui i veicoli si bruciano o si danneggiano tanto da richiedere l’intervento dei pompieri per estrarre gli occupanti. Questi incidenti sono scesi dai quasi 50mila del 2001 ai 40mila del 2006. Guardando l’andamento anno per anno, si conferma quello che già dicevano i dati Istat a proposito del numero totale degli incidenti, dei morti e dei feriti: il calo non è tanto dovuto alla patente a punti, perché è iniziato dal 2001 e dal 2003 in poi (quindi nel periodo della patente a punti) è andato semai attenuandosi.

La diminuzione degli incidenti gravi è dovuta probabilmente all’aumento dell’uso delle cinture e al miglioramento della sicurezza offerta dai veicoli. Ma esultare è fuori luogo, perché:
– siamo sempre lontani dal trend che sarebbe necessario per dimezzare i morti entro il 2010 (obiettivo imposto dalla Ue);
– ho sentito un esperto del 118 di Bologna dire che aumenta la percentuale di passeggeri posteriori e bambini con traumi (soprattutto gravi), segno che le cinture posteriori e i seggiolini sono ancora oggetti sconosciuti.
Ultima nota statistica: i dati Istat ufficialmente si riferiscono al totale degli incidenti, ma in realtà tendono a indicare solo quelli gravi, cosa che contribuisce a spiegarne l’andamento analogo a quello registrato dai Vigili del fuoco. Infatti, l’Istat censisce solo i sinistri in cui intervengono le forze dell’ordine, che di solito vengono chiamate appunto nei casi gravi. Per avere un totale comprensivo anche degli urti meno gravi, occorre vedere i dati delle assicurazioni, che si basano sulle richieste di risarcimento (ben più frequenti degli interventi delle forze dell’ordine…).

  • paolo |

    x maurizio. E’ cambiato l’enorme numero di persone in piu’ che è costretta oggi a usare la bicicletta rispetto a qualche anno fa per colpa dei divieti. E spesso si tratta di sprovveduti e inesperti.

    [risponde Maurizio Caprino] Giusto, anche perché prima ci si faceva le ossa in bici e in moto e quindi (almeno in teoria, si sta cercando solo ora di verificarlo con ricerche sul campo) si capivano meglio i pericoli della strada anche quando si diventava automobilisti. Oggi c’è chi prende la patente senza nemmeno aver guidato un monopattino…
    In ogni caso, il maggior uso della bici a causa dei divieti non è un fenomeno generalizzato sul territorio: al Sud non ce n’è quasi traccia e nelle città non pianeggianti (che sono molte) non credo si che si diffonderà moltissimo.

  • paolo |

    Avrei una cosa da dire sull’attendibilità delle statistiche. Mi risulta che , se uno in bicicletta cade da solo e muore non viene classificato come incidente stradale. Se uno cade in moto da solo invece si’. Come mai? Ho l’impressione che se dovessero entrare nel computo dei morti di circolazione stradale anche i morti ciclisti di caduta , il calo dei morti rispetto al 2001 sarebbe quasi zero.

    [risponde Maurizio Caprino] Confesso che questo particolare non lo conosco, ma non credo cambi di molto la situazione: dovrebbe essere stato così anche nel 2001. O i criteri sono stati cambiati dopo il 2001?

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