L’auto finita nel lago a Lecco, il guardrail e le cinture

Stamattina alle 8, una Punto con tre persone a bordo è finita nel lago di Annone, presso Lecco. Dalle notizie di agenzia, sembra che l’auto si sia infilata nell’unico spazio possibile tra un albero e il guardrail. Dunque, sembra un colpo di somma sfortuna: la barriera c’era (spesso invece manca, anche in punti dove le norme tecniche ne prescrivono la presenza), anche se lasciava qualche metro di strada senza protezione. Ma è anche un incidente “educativo” per chi installa i guardrail e per noi utenti della strada: nella mia vita professionale, ho già visto quattro “colpi di sfortuna” del genere e quindi mi vado convincendo che il destino c’entra fino a un certo punto.

La prima volta, un padre di famiglia altoatesino è morto a Bologna sull’A14 per una semplice distrazione: la sua auto ha deviato giusto in corrispondenza di un varco di by-pass nel guardrail sinistro. Ha sbattuto sullo spigolo del guardrail sinistro della carreggiata opposta, che inspiegabilmente era stato montato troppo avanti, formando un “cantuccio” con quello della carreggiata percorsa dalla vittima. In questo “cantuccio” l’auto si è incastrata, disintegrandosi nella parte vicina al conducente, che è volato centinaia di metri più avanti (nonostante avesse la cintura). Per fortuna, oggi sulla rete di Autostrade per l’Italia tutto ciò non dovrebbe essere più possibile: tutti i by-pass sono stati chiusi. Ma sulle altre decine di migliaia di chilometri di strade italiane a carreggiate separate?
La seconda volta, sulla Milano-Laghi, un automobilista si è incastrato sotto il guardrail che proteggeva l’inizio di una rampa di uscita dall’autostrada (la cosiddetta “cuspide”): secondo la Stradale, la barriera era perfettamente omologata, ma era stata montata male.
La terza volta, sulla superstrada Rimini-Ravenna, in un incidente analogo a quello appena citato, sono morti cinque giovani. L’unica differenza è che il guardrail mancava del tutto, cosa gravissima perché essa avrebbe dovuto proteggere dagli urti contro un segnale fissato a terra con un palo che sembrava a prova di attacco nucleare per quanto era resistente agli urti. Le cuspidi sono necessarie sempre: lo dicono sempre le famose norme tecniche.
La quarta volta, un giovane barese ha perso la vita sul tratto ascolano dell’A14 per essere finito in una scarpata che – sempre per le norme tecniche – avrebbe dovuo essere protetta da guardrail. Certo, le indagini appurarono che il giovane non indossava la cintura, ma intanto un’irregolarità ci fu anche da parte del gestore autostradale (e infatti, nel sopralluogo che feci a oltre un anno dall’incidente, vidi che nel frattempo una barriera era stata messa).

ps: a proposito di cinture, le agenzie non hanno specificato se i tre occupanti della Punto finita nel lago oggi avessero le cinture allacciate. Sarebbe stato utile saperlo: spesso i detrattori delle cinture usano proprio il fatto che in incidenti del genere chi è legato non riesce ad abbandonare l’auto in tempo per non annegare. Gli esperti rispondono che può essere vero, ma può anche capitare che chi non allaccia la cintura batta il capo, svenga e quindi non riesca poi lo stesso a mettersi in salvo.