La settimana della sicurezza è già dimenticata

Ma quella appena trascorsa non era la settimana mondiale della sicurezza stradale? A giudicare da quello che si è visto sulle strade, sembrerebbe proprio di no. Da lunedì a venerdì le iniziative per promuovere la sicurezza si sono concentrate soprattutto nelle scuole, ma sabato e domenica – quando più o meno tutti hanno preso l’auto approfittando del ponte di fine mese e del bel tempo – proprio bambini e ragazzi sono stati al centro delle infrazioni più pericolose.

Infatti, ne ho visti molti in braccio a uno dei genitori, esattamente come si vedevano fino a vent’anni fa. Come se nel frattempo non avessero reso obbligatori i seggiolini e munito le auto di airbag, che quando scoppiano (e non è detto che ciò accada solo per un incidente, sono possibili anche malfunzionamenti) sono letali per i bambini tenuti a pochissimi centimetri da essi. Ho visto poi una ragazzina che si faceva scarrozzare stando in piedi e con la testa fuori dal tetto apribile, come se stesse sull’ammiraglia del Giro d’Italia. Se le cosa stanno così, è già un miracolo se ogni anno sulle strade italiane muoiono “solo” 100 bambini.
Non so quanti di loro abbiano partecipato o potuto partecipare alle iniziative delle scuole in occasione della settimana della sicurezza stradale. Il timore è che – anche per chi ha potuto seguire uno dei tanti eventi organizzati – alla fine i messaggi che sono rimasti in testa sono sempre i soliti: vai piano, allaccia la cintura, non bere e non drogarti. La sicurezza stradale, invece, è fatta di tante altre cose. Certo, vanno tutte spiegate e capite, mentre bimbi e ragazzini tendono a essere superficiali. Ma forse un modo per interessarli di più lo si dovrà pur trovare. Anche perché sarà comunque più semplice che vincere l’indifferenza e l’ignoranza dei genitori, che accettano tranquillamente di trasportare i propri figli in quelle condizioni.

  • alexmrg |

    Pochi riscontri, effettivamente, per la campagna della sicurezza stradale. Se la comunicazione non raggiunge l’obiettivo è quanto meno doveroso chiedersene i motivi.
    L’interpretazione che mi sento di proporre riguarda il fatto che la sicurezza sulle strade viene in generale indirizzata ad un conducente ipotizzato (o addirittura immaginato) da parte delle varie Amministrazioni che non corrisponde al conducente reale. Dunque oggetto corretto ma soggetto errato.
    La sicurezza stradale è troppo spesso vista come un fatto puramente geometrico-cinematico, dove la dinamica dei veicoli astrae dall’elemento reale di decisione: l’uomo. Gli studi psico-emotivi sull’automobilista sono pochi e frammentari e solo di recente si è iniziato ad esplorare a fondo questo campo. D’altra parte lo stesso CdS spesso segue la stessa impostazione, con lo stesso risultato di finire inascoltato. E’ stato osservato che l’incidentalità è un fenomeno statistico e che dunque viene rilevato solo su grandi numeri e raramente dal singolo individuo, da cui ne deriva la percezione cosciente. Dunque sono almeno due gli elementi da valutare:
    1) in fase di conseguimento delle patenti dovrebbe essere dato modo ai candidati di sperimentare (ovviamente in condizioni controllate) gli effetti reali del proprio stile di guida, per rinforzare il feed-back percettivo;
    2) in fase di revisione e/o applicazione del CdS dovrebbero essere evitate tutte quelle situazioni che rendono l’impianto normativo intuitivamente incoerente (cito, per puro esempio: semafori rossi senza flussi intersecanti; segnali di stop su intersezioni con buona visibilità a lunga distanza; limiti di velocità eccessivamente conservativi in assenza di percezione di pericolo) o addirittura inapplicabile (cito, sempre per puro esempio: determinazione di veicolo sopraggiungente per la prescrizione di precedenza; valutazione di procedere al giallo semaforico; obbligo di retrovisione prima dell’inizio di alcune manovre).
    Ma su tutti sarebbe forse da modificare la cultura: l’applicazione del CdS sembra impostata come insieme di divieti dunque senza azioni positive (richiamo l’attenzione sul fatto che si trovano ovunque segnali di limite di velocità e quasi mai segnali di velocità minima obbligatoria). D’altra parte l’estrema diffusione di comportamenti irregolari non può essere liquidata semplicemente con lo stereotipo dell’italiano indisciplinato (e l’analogo delle norme che per definizione sono sempre perfette): non è statisticamente ragionevole.
    Credo sia venuto il momento di cooptare il conducente reale nel processo regolatorio e soprattuto in quello attuativo: non mi stupirebbe che per tale via le infrazioni diminuissero, perché sono convinto che il conducente medio sia molto più equilibrato e responsabile di quanto si pensa quando si parla di inasprimento delle sanzioni, che è prassi applicata ai delinquenti abituali e non alla parte sana della società.
    [risponde Maurizio Caprino] Condivido molti concetti, tanto che nel Rapporto sicurezza stradale uscito col Sole-24 Ore il 27 aprile abbiamo dato spazio anche alla psicologia. Ma devo ripetere che purtroppo non pochi limiti bassi sono dovuti alle condizioni impresentabili delle strade italiane e sottolineare che il processo di "coinvolgimento" del guidatore in eventuali nuove norme non potrà che essere lunghissimo e dovrebbe essere accompagnato da un enorme rafforzamento dei controlli. Sarà lunghissimo perché veniamo da decenni di cultura del "metti il limite a 30, così non supereranno i 70", per cui occorrerà convincere tutti che non è più così. E il convincimento non potrà che passare dai controlli, per due motivi:
    – il "metti il limite a 30, così non supereranno i 70" è figlio dell’impossibilità di garantire controlli;
    – nell’immaginario del guidatore (indotto da decenni di comunicazione distorta sulla sicurezza, giocata solo sul concetto di velocità ridotta), un allentamento dei limiti suona come un abbassamento della guardia su tutte le altre norme di comportamento, che invece in questo caso diventerebbero ancor più importanti.

  • alberto gardina |

    La settimana della sicurezza stradale è trascorsa come se nulla fosse
    Da qualche parte qualche deliberazione con propositi, intenti, auspici: nulla di più
    Guardando il cielo non ho scorto nulla di nuovo
    L’ alta pressione blocca le correnti d’aria che insieme alle piogge, tanto attese, mi auguravo avrebbero portato qualche novità
    Una su tutti: il coordinamento dei servizi di polizia stradale da qualcun qualunque organo svolti
    Invece neppure quello
    Il ministro dell’Interno Amato circa un mese fa ha presentato il piano del governo sulla sicurezza stradale insieme ad un nuovo disegno di legge in materia.
    Credo gli unici ad averlo saputo finora siano stati i giornalisti presenti alla conferenza stampa
    Nelle periferie dei comandi di polizia locale nessuna novità all’orizzonte
    Si continua a non essere coordinati ed a muoversi disordinatamente
    Così non fatico comprendere il disorientamento dei cittadini nel denunciare prassi contrastanti fra loro e modalità operative poco consone con servizi di polizia espletati seriamente
    Penso all’utilizzo di autovelox in modo poco rispettoso della stesa normativa con mgliaid di verbali dati in gestione addirittura a privati
    Si dice che riconoscere alla polizia locale il ruolo di forza di polizia ( non di organo quale sono già attualmente) avrebbe l’effetto di creare una sesta ed inutile forza di polizia
    Domando : così, anzichè avere 6 forze di polizia forse è meglio restare come siamo ora con 5 forza di polizia “legalmente riconosciute” e 7500 presenti di fatto: quelle di comuni e province?
    Questa è la fotografia attuale
    Immaginare di avere una strategia nazionale della sicurezza in queste condizioni appare davvero un “Impresa”
    Così continueremo a scrivere di autovelox gestiti come ricevitorie del lotto, di agenti di polizia locale fai da te, di eserciti personali usati dai sindaci per i scopi più diversi, di scarsa efficienza dei servizi e di costi fori controllo
    Rileggo la nostra Costituzione cominciando da quell’articolo 5 che recita “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”
    Dunque la Repubblica è una ed inivisibile e lo stato riconosce e promuove le autonomie locali,…non la disorganizzazione
    Nella situazione descritta sarà molto difficile avere non solo una strategia nazionale in materia di politiche della sicurezza, compresa quella stradale
    Questa in attesa si riconosca la differenza tra autonomia e disorganizzazione

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