Ma i limiti vanno rispettati? Nel dubbio, sì

Alla fine la domanda fatidica è arrivata. Dopo due settimane in cui scrivevo post che seminavano dubbi sui limiti di velocità, uno di voi ha chiesto se vadano rispettati o no. La risposta non può che essere questa: in linea di massima, sì. E’ vero che i limiti possono essere assurdamente bassi (apposti solo per scaricare sugli utenti le colpe di incidenti causati da strade pessime), ma è altrettanto vero che la stragrande parte dei conducenti non ha la preparazione necessaria per arrogarsi il diritto di giudicare. Inoltre, ciò che sembra basso al signor Rossi è invece altissimo per il signor Bianchi. Quindi, l’unico modo per mettere tutti d’accordo è rispettare i limiti. Senza contare che spesso le strade sono in condizioni talmente precarie (già per progettazione o per scarsa manutenzione) che il limite basso è oggettivamente l’unica misura di sicurezza attuabile.
Ma il problema è soprattutto un altro. Come ho cercato di spiegare in alcuni post (tra cui “Il limite giusto? Non esiste”), i limiti non vanno né rispettati né violati: vanno semplicemente smitizzati. Infatti, tutti li interpretano come soglie aldisotto delle quali non può accadere nulla e aldisopra si rischia. Ancora peggio, sui limiti si gioca buona parte della comunicazione in materia di sicurezza: se un Governo vuol fare la faccia feroce, abbassa i limiti, a prescindere dai controlli di velocità o da altre iniziative che incidano davvero sul problema (dalle multe a chi non usa la freccia alla revisione della segnaletica ingannevole). In realtà, un limite può essere adeguato o non adeguato secondo il momento: dipende dal traffico, dal rispetto delle distanze di sicurezza, dalle condizioni dell’asfalto eccetera. Estremizzando il concetto, se tutti sapessero guidare, sarebbero anche in grado di valutare da sé istante per istante la velocità da tenere e non ci sarebbe bisogno di limiti. Ma quasi nessuno sa davvero guidare. E per saper guidare s’intende molto più che avere un’ottima padronanza del veicolo: chi ce l’ha spesso dimentica che su strada, contrariamente alla pista, bisogna stare sempre sotto i limiti fisici di aderenza e commisurare la velocità alla visuale che si ha libera. Infatti, l’imprevisto può sempre capitare. Dietro ogni curva cieca, muretto o siepe.

  • nik |

    non sarei proprio daccordo poiche una guida senza adrenalina porta a mettersi in coda con un maggior probabilità di incidente causa anche rilassamento ed eventuali colpi di sonno.

    [risponde Maurizio Caprino] Sono reazioni soggettive, ognuno ha la sua. Personalmente credo che, se si osserva bene la strada andandovi a cercare i pericoli potenziali (e posso garantire che in Italia ce ne sono pressoché dappertutto), si riesce a restare ben attenti anche se si adotta una guida non aggressiva.

  • Antonio Bertocci |

    Ho 48 anni, una discreta miopia, non sono uno sportivo, percorro 30-50mila chilometri/anno e – toccando ferro – non ho mai perso un solo punto. L’altra sera parlavo con una persona che di strada ne fa il doppio ma si è giocata 7 punti in un anno. Due più due perché andava troppo forte su una superstrada a 120, gli altri con le macchinette dei semafori. E inveiva: la patente a me serve per lavorare, questo è uno stato dittatoriale.
    Anche a me la patente serve per lavorare. Senza sarei letteralmente disoccupato (vi risparmio i motivi).
    Ma proprio per questo ci sto attento, tengo il regolatore tarato per stare dentro nel tutor, cerco di non superare i 50 in città. E ho pure scoperto che nelle trasferte raramente i colleghi mi danno più di 5 minuti di distacco. Oltre a non rischiare la vita bruciando i rossi (certo, mi hanno già tamponato in due, stupiti che mi fermassi al semaforo; a Milano per i neoleghisti che pensano a Napoli).
    È vero, come scrive Caprino, che i limiti vanno smitizzati, Ma sono il primo segno di una diversa cultura della mobilità che DEVE entrare nelle teste di tutti. Prima di tutto perché è inaccettabile rischiare la vita tutti i giorni. Poi perché le conseguenze sono pesanti: secondo la UE il costo socilae dei sinistri supera i due punti di PIL. E ancora perché l’Italia è un Paese turistico: sono già troppi i visitatori che hanno paura a percorrere le nostre autostrade e scelgono Francia e Spagna, dove le cose girano in altro modo…

    [risponde Maurizio Caprino] Hai centrato il punto: siamo tutti refrattari alle regole, facciamo una fatica immane per rispettarle e alla fine le violiamo. Il tutto per un pugno di minuti. Chiediamoci solo se ne vale la pena.

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