Ieri un’auto è piombata su un marciapiede di Viggiù (Varese), uccidendo una ragazza. Dato l’affollamento della strada (pare che in paese ci fosse una festa), è andata anche bene. Le cronache riferiscono che il conducente dell’auto – una volta tanto – non aveva in corpo né alcol né droga: si sospetta che abbia avuto un attacco di epilessia. Una malattia già infida di per sé, che alla guida diventa killer. Con un autorevole favoreggiatore: la semplificazione, di cui tanto si parla e poco si conclude. Tra gli snellimenti burocratici che sono realtà già da tempo (addirittura vent’anni, se non ricordo male) ce n’è uno pericoloso: l’abolizione del certificato del medico curante, che prima fungeva sostanzialmente da nulla osta per prendere la patente.
In sostanza, prima occorreva far mettere per iscritto dal proprio medico l’assenza di malattie pericolose per la guida ma non diagnosticabili durante la semplice visita per la patente (e l’epilessia è una di queste: un epilettico non si può mai distinguere da una persona normale, salvo che non gli capiti un attacco davanti al medico). Si andava così alla Asl, che in pratica provvedeva a misurare visto, udito e riflessi; per il resto, faceva testo il certificato anamnestico (quello del medico curante).
Oggi i compiti della Asl non sono mutati. Ma il certificato non c’è più, per cui i medici della Asl possono scoprire malattie non visibili soltanto interrogando il candidato alla patente e sperando che egli dia risposte sincere. Ma esiste una persona tanto ligia da rischiare di non prendere o rinnovare la patente, oltretutto per spiattellare a un medico sconosciuto le proprie malattie?