I costruttori di microcar e il loro più convinto accusatore si sono messi a lavorare insieme per la sicurezza. Oggi, in concomitanza col via del nuovo decennio per il quale la Ue ha fissato l'obiettivo di un ulteriore dimezzamento delle vittime della strada e l'Onu ha posto le basi per un'azione a livello mondiale (Scarica Decennio Ue e Onu Aci), a Roma è stato allestito un campus congiunto per far vedere ai giovani come una microcar va guidata per non essere pericolosa (Scarica Safety Day Roma_DEFINITIVO). Oltre alla Fondazione Ania, che da tempo preme sulla formazione dei giovanissimi, in campo sono scesi sia l'Ancma (l'associazione dei costruttori) sia l'Aiscam, associazione che si occupa di sicurezza ed è presieduta da Filippo Moscarini, che è appunto il grande accusatore.
Una buona notizia, visto che pure quella che doveva essere la novità dell'anno (la prova pratica per ottenere il patentino) rischia di essere un flop: in teoria, ci si può esercitare su un motorino, fare l'esame sempre su un due ruote e poi, con la licenza di guida, mettersi al volante di una microcar come se niente fosse. Su questo ha storto il naso anche un soggetto istituzionale come la Regione Emilia-Romagna (grazie a Paoblog per la segnalazione).
Moscarini (un cognome che conta nell'automobilismo italiano e nel giornalismo di settore) è l'ingegnere che dirige la struttura di prova Isam di Anagni (Frosinone) e da tempo non ha peli sulla lingua nel denunciare la pericolosità delle microcar. Ultimamente ha precisato che il problema sta soprattutto nella comunicazione: la gente pensa di aver comprato al figlio un'automobile vera (magari per lavarsi la coscienza sulla scarsa formazione che genitori e istituzioni in questo Paese danno agli aspiranti guidatori) e invece gli lasciano in mano un mezzo che ha limiti di aderenza e frenata più bassi.
In ogni caso, fa piacere vedere che si lavora tutti per lo stesso obiettivo. Soprattutto, fa piacere che l'Ancma promuova iniziative per formare i suoi potenziali clienti, evitando per quanto possibile che finiscano sulle cronache dei giornali (sempre molto attente al problema, nonostante sia quasi esclusivamente limitato a Roma) come vittime della strada. I costruttori hanno spesso preferito difendere la bontà del loro prodotto, non sottolineandone abbastanza i limiti e quindi creando nella gente aspettative troppo alte. Un errore di comunicazione che hanno pagato.