Ci siamo quasi: nel giro di tre-quattro anni, la maggior parte del valore di un’automobile sarà costituita dal software. Non lo ha detto un anziano al bar, sconcertato dal proliferare di sistemi multimediali, Adas e assistenti vocali sulle vetture di oggi. Lo ha detto un protagonista del settore, Luca De Meo (ora presidente della Seat, dopo un passato importante in quello che era il gruppo Fiat), su ubn palcoscenico qualificato come il Dealer Day di Quintegia, a Verona. Ma pare che De Meo non si sia addentrato nel valutare un fattore decisivo: quanto costerà in totale un’auto del futuro, cioè connessa, elettrica e con la guida sempre più autonoma? Sarà un prezzo che consentirà ancora a molti di acquistarla o spingerà le masse verso la “guida condivisa” (noleggio, car sharing e simili). E, nella seconda ipotesi, come si arrangerà chi abita in campagna (che di solito proprio ricchissimo non è) e non ha abbastanza soldi?
Diciamo che per ora le case automobilistiche cercano di limare i costi. Nel grande, con accordi tra loro e con i fornitori principali, per condividere in modo sempre più spinto i costi di acquisti, ricerca e sviluppo. E nel piccolo, sfruttando la sempre più grande sensibilità del pubblico verso le diavolerie tecnologiche anche di consumo.
Sì, perché ormai la gente è tanto attratta dagli effetti speciali che – come racconta Cosimo Murianni nei blog di Quattroruote – entra nelle concessionarie Mercedes non a guardare quanto sono belle e rifinite le macchine con la Stella, ma per sedersi a bordo della Classe A e pronunciare la fatidica frase della pubblicità: “Hei, Mercedes”. E provare se l’assistente vocale capisce proprio tutte le richieste che gli si rivolgono. Servirà davvero? – si domanda Cosimo.
Di certo serve alla Mercedes (e ad altri costruttori, se ci fate ben caso) per tagliare i costi di sviluppo e realizzazione di plance e cruscotti: ormai bastano due grandi schermi riconfigurabili per “fare” l’estetica di una plancia, che che il resto diventa un banale insieme di linee dritte.
La Bmw, che contrariamente alla Mercedes ha sempre puntato principalmente sul piacere di guida, non sembra orientarsi troppo diversamente. Basta guardare in giro le pubblicità della nuova Serie 3, tra le quali spicca quella dell’assistenza vocale. E pazienza se, a leggere tra le pieghe della prova su strada pubblicata su Quattroruote di aprile, il comportamento su strada non è proprio all’altezza di quello cui la Bmw ha abituato i clienti negli ultimi trent’anni. Avranno risparmiato anche in questo caso?
Se anche fosse, poco male: la maggior parte dei clienti non è in grado di accorgersene e, in fondo, si tratta di risparmi che servono a non far pesare ancora di più sul cliente il fardello degli investimenti per l’auto del futuro. Anche perché, nell’ultima tornata di direttive europee su dotazioni di sicurezza obbligatorie, consumi e inquinamento, le case automobilistiche sono riuscite meno del solito a convincere le istituzioni Ue a giocare al ribasso.
Senza contare che proprio nelle nuove dotazioni obbligatorie ci saranno scatola nera e Isa (che adegua automaticamente la velocità al limite in vigore ed è sì forzabile dal guidatore, ma lo avviserà della forzatura dandogli probabilmente fastidio). E andiamo verso strade con controlli di velocità media molto diffusi. Una sorta di manovra non dichiarata per portarci verso la guida autonoma, l’unica che secondo le autorità potrà portare la mortalità verso zero, l’obiettivo del 2050.
C’è da chiedersi come dovranno evolversi certi marchi sportivi per non fare la fine dei dinosauri in questo nuovo mondo, dove di fatto ci si potrà divertire solo in pista e in pochi angoli sperduti. E il fatto che anche la Ferrari si butterà sul mercato del suv inizia a suggerire una risposta).
Così sembrano stare le cose. Se vogliamo parlare chiaro, fuori dalle suggestioni di marketing e pubblicità. Che non solo deformano la realtà, ma a volte sono pure pericolose: tra i dispositivi che magnificano di più assieme ai sistemi multimediali, ci sono gli Adas. Come nota sempre Cosimo Murianni in un altro post, il messaggio dei costruttori è sbagliato: “distraiti pure al volante, magari con i nostri sistemi multimediali, tanto se rischi di investire un pedone interviene la frenata automatica di emergenza”. Ma questi dispositivi nulla possono e l’incidente si rischia lo stesso.
Sono passati 25 anni dagli spot che magnificavano gli airbag, quasi inducendo la gente a cercare di cappottarsi per vedere come funzionano bene. Ma i pubblicitari fanno sempre gli stessi errori.