Con i tre arresti di ieri, prendono sempre più corpo i primi sospetti sulla tragedia del bus precipitato quasi un anno fa da un viadotto dell’autostrada A16 dopo essere rimasto senza freni in discesa. Non sarà facilissimo dimostrare il nesso causale tra il guasto e la revisione, ma comunque il pullman risultava revisionato solo sulla carta. Le indiscrezioni filtrate ieri dicono che il bus necessitava di lavori di manutenzione per 15mila euro circa e che a Napoli ci sarebbe un sistema di false revisioni di mezzi pesanti. Su queste operazioni è competente la Motorizzazione, dove lavorano due degli arrestati (il terzo è il proprietario del bus). Revisioni false o superficiali emergono da decenni ovunque, ma spesso gli inquisiti tornano al lavoro. Anche l’impiegata arrestata ieri era stata coinvolta in una storia di patenti vendute. Ma lo scenario su cui s’indaga a Napoli potrebbe essere peggiore: tre elementi fanno pensare che la posta in gioco fosse alta. Primo: un mese fa a quella stessa impiegata è stata incendiata l’auto. Secondo: per far risultare revisionato il bus della tragedia, il sistema informatico della Motorizzazione sarebbe stato violato poco dopo l’incidente. Un’operazione notoriamente rischiosissima e facilmente svelabile. Terzo: se parlate con qualcuno dell’ambiente a microfoni spenti e con la garanzia dell’anonimato, vi dirà che ne ha viste di tutti i colori. In ogni caso, il filone delle revisioni è solo una parte delle indagini sulla tragedia. C’è anche quella sulla mancata tenuta delle barriere del viadotto, risultate in cattive condizioni nonostante una recente riqualificazione. A ben vedere, sono filoni accomunati dal fatto che le carte risultano a posto (revisione superata, riqualificazione delle barriere effettuata), ma nei fatti la sicurezza non è per nulla garantita.
Un altro filo comune è la ricerca del risparmio. Ma non si può paragonare una realtà disastrata come quella napoletana (proprio in questi giorni “Quattroruote” ha ribadito le segnalazioni già uscite sulla stampa su trasporti abusivi di lavoratori e bambini con pullmini e scuolabus in condizioni pietose) con una multinazionale com’è ormai Autostrade per l’Italia.
Quest’ultima ha un’immagine più che rispettabile l’ha molto coltivata proprio sul fronte della sicurezza (Tutor, asfalti drenanti e, ironia della sorte, sostituzione dei guard-rail). Ora si trova tra gli accusati per la tragedia del bus (una strage da 40 morti) e con addosso indagini in varie parti d’Italia su barriere a rischio come quella sfondata dal pullman della morte. Non solo: c’è un testimone che ora vive sotto scorta e ha denunciato a varie Procure infiltrazioni camorristiche in lavori su caselli, cavalcavia, portali segnaletici e barriere antirumore. Tutti fatti male (finora ci sono stati due crolli e un sequestro) o addirittura pagati e mai eseguiti (una denuncia riguarda il casello di Nola, dove solo da poco si è iniziato a lavorare davvero). Tutte fantasie sopravvalutate per il fatto che sono morte 40 persone e ci sono stati due crolli? Può anche essere, ma i dubbi cominciano a essere tanti e pubblici (ormai delle inchieste delle Procure hanno parlato molti media). Forse Autostrade per l’Italia dovrebbe pensare a fugarli con un’operazione-trasparenza. Tanto più che da anni fa tanta comunicazione proprio sulla sicurezza.