Poteva sembrare una nuova risposta ai dubbi sull’efficacia dei filtri antiparticolato retrofit, dopo la bufera appena scatenata da Report su come la Motorizzazione li omologa. E invece l’ultima circolare della Motorizzazione stessa (circolare modelli omologati no Dukic e Brazzi) è sostanzialmente un avviso antitruffa per i consumatori. Dal documento non si desume, ma mi è arrivata una segnalazione che spiega tutto.
Una persona ha speso 2mila euro per acquistare e far montare sulla propria auto vecchiotta (con valore di mercato non troppo distante da questa cifra) un dispositivo antiparticolato retrofit. Operazioni del genere si giustificano col fatto che, sebbene questi dispositivi siano in genere meno efficaci e più problematici di quelli che nascono in fabbrica col veicolo (e che già danno problemi di loro), nel 2007 si decise che i Comuni avrebbero potuto esentare chi li aveva dalle limitazioni al traffico legate all’inquinamento.
Ma per godere del beneficio occorre scegliere un dispositivo omologato dalla Motorizzazione (con test di laboratorio fatti a livello nazionale), farlo montare e poi farne annotare la presenza sulla carta di circolazione, dopo una classica “visita e prova” (da parte degli uffici provinciali della Motorizzazione stessa).
Accade che siano in commercio anche dispositivi non omologati. Ciò viene taciuto ai clienti, che si accorgono dell’inutilità dell’acquisto solo quando vanno alla visita e prova. Precisiamo che qui non si parla dell’efficacia intrinseca dei dispositivi (sulla quale dubbi e polemiche si sprecano e riguardano indifferentemente i modelli omologati e quelli non omologati): parliamo solo del lato burocratico, che come risvolto pratico ha “solo” la possibilità di circolare quando alle diesel senza filtro è vietato.
Come difendersi? Come al solito, meglio prevenire, verificando sul Portale dell’automobilista se il dispositivo che s’intende acquistare non solo è omologato, ma lo è anche per il proprio modello di vettura.
Chi ci è già cascato, deve dimostrare di non essere stato informato del fatto che il dispositivo non era omologato. Dopodiché può denunciare il venditore all’Antitrust per pratica commerciale scorretta. Più difficile restituire il prodotto al venditore e farsi dare indietro i soldi: questo diritto si ha solo per mancanza di conformità del prodotto, che si può invocare solo quando non è riscontrabile dal consumatore usando la comune diligenza; in questo caso, la comune diligenza suggerirebbe di “farsi un giro” sul portale e verificare l’omologazione. Chi non lo fa potrà difficilmente ottenere ragione dal giudice.
P.S.: la Dukic Day Dream precisa che di non aver mai dichiarato di vendere un prodotto omologato