“Se i richiami di modelli difettosi continuano con questo ritmo, si rischia di perdere la fiducia dei clienti nelle nuove auto”. Parola di Sergio Marchionne, pronunciata in una Washington dove tiene ancora banco lo scandalo General Motors. Dato il luogo, qualcosa non torna: negli Usa i clienti sono abituati da cinquant’anni ai richiami e sanno che un alto numero di campagne non vuol necessariamente dire che la qualità stia scendendo, visto che dimostra pure un’attenzione nel correggere gli errori (che in una certa misura restano inevitabili).
Ma probabilmente Marchionne si riferiva ai richiami che i costruttori omettono, come appunto nel caso General Motors, recente ma non certo unico. Lo stesso gruppo Fca ha i suoi esempi di opposizione ad autorità che imponevano richiami: il gancio di traino che interferiva col serbatoio del carburante su alcuni Suv americani e la sospensione posteriore a rischio rottura sulle Stilo brasiliane (e lasciamo stare lo storico caso delle Dedra “cancerogene”). Infatti Marchionne ha aggiunto che il danno d’immagine che i costruttori stanno patendo è “ben superiore di quello delle multe”, che appunto scattano per gli omessi richiami. Dunque, sotto il velo di parole sfumate, c’è un’autocritica.
Lo confermano le parole successive: “Serve una svolta. Dal canto nostro ci siamo affidati a una task force di consulenti esterni per studiare meglio il fenomeno”. Insomma, Marchionne pare essersi fatto un po’ di conti, scoprendo che risparmiare su certe cose non conviene. Ben venga la task force, dunque. Ma vedremo poi quale sarà il suo potere reale nell’imporre scelte su qualità e sicurezza.