C’è un legame tra l’omicidio stradale e la sentenza di giovedì scorso che lima un po’ le pene per i dirigenti della ThyssenKrupp responsabile della tragedia del 2007 nello stabilimento di Torino. Come spiegava Il Sole 24 Ore di ieri, la sentenza è una pietra miliare della giurisrprudenza. Non solo perché emessa dalle Sezioni unite della Cassazione (quindi nella composizione che si attiva solo per dirimere le questioni interpretative più controverse e per questo fissa princìpi pressoché vincolanti), ma perché riguarda il dolo eventuale, figura elaborata dalla giurisprudenza per punire quegli omicidi che non sono i classici assassinii volontari in cui uno punta un’arma contro un altro proprio per ucciderlo, ma ci vanno vicini perché il colpevole si comporta in modo talmente azzardato da dimostrare che non ha alcuna remora a causare la morte di qualcuno col suo comportamento. Il problema era che – detta così – sembra simile all’altra elaborazione classica della giurisprudenza, la colpa cosciente, che porta a pene meno gravi. Le Sezioni unite, dopo che negli ultimi anni si era acceso il dibattito confondendo le due figure, hanno ristabilito le distanze, riportando tutto alla differenza che molti hanno studiato all’università, nei decenni: la colpa cosciente è solo assenza di remora (cioè accettazione del rischio che qualcuno muoia a seguito del nostro comportamento), il dolo eventuale aggiunge una dose di volontà di uccidere. Per dimostrare che questa volontà – puntualizzano le Sezioni Unite – occorre un’indagine specifica sull’atteggiamento psicologico del colpevole.
L’omicidio stradale c’entra con questo perché indagini così specifiche sugli incidenti se ne fanno ben poche, quindi ben di rado si arriva a sentenze che accertano il dolo eventuale. Di qui la scorciatoia proposta da molti (compreso il premier Matteo Renzi, che si sta portando altri esponenti del suo Governo come Maurizio Lupi e Cosimo Ferri): inventare un nuovo reato, quello di omicidio stradale, punito praticamente come un omicidio volontario per dolo eventuale, in cui però non ci si deve prendere la briga dell’indagine psicologica perché la volontà si presume automaticamente dall’aver messo in atto comportamenti come avere un tasso alcolemico molto alto (oltre 1,5 g/l), essere sotto effetto di droghe o aver commesso altre infrazioni più gravi che il Codice della strada prevede.
Come una presunzione del genere possa resistere a un prevedibile intervento della Consulta non è affatto chiaro. Ma le Sezioni unite della Cassazione, affermando la necessità di una rigorosa indagine specifica sull’atteggiamento del colpevole, dà un argomento in più ai fautori dell’introduzione dell’omicidio stradale. Infatti, l’indagine dovrebbe essere rigorosa e per questo spesso impossibile, a causa degli scarsi organici, della cultura stradale media e dell’atteggiamento di chi indaga.