Non capita nulla di eclatante per anni. Poi una strage da 40 vittime, cui segue una chiusura di nove mesi. E, poche ore dopo l'agognata riapertura, di nuovo un incidente dello stesso tipo di quello che ha causato la strage: un mezzo pesante rimasto senza freni. Ma non è finito in tragedia perché la strage ha fatto scoppiare il bubbone e adesso il guard-rail e il cemento su cui è fissato non possono che essere perfetti. E' successo ieri sul viadotto Acqualonga dell'autostrada A16, presso Avellino, finito su tutte le prime pagine l'estate scorsa e dimenticato ben presto.
Bisognerebbe capire se il mezzo pesante che ha avuto l'incidente ieri, un camion, abbia potuto perdere velocità prima dell'impatto col nuovo guard-rail (il viadotto si trova dopo una lunga discesa che finisce con una curva non semplice) e se fosse carico o no. Nel caso velocità e carico fossero considerevoli come probabile, per la nuova barriera il collaudo "sul campo" sarebbe davvero probante: i camion carichi pesano ben più dei bus come quello che invece è precipitato il 28 luglio 2003. E sarebbe chiaro a tutti che lavori pubblici fatti con scrupolo fanno davvero la differenza, al netto del fatto che le vittime potenziali di un camion (sui cui a bordo possono esserci al massimo due persone) sono molte meno di quelle di un bus (60 posti, più o meno).
E' il destino, direte voi. Tanto più che nelle stesse ore tornava finalmente a casa dopo l'incidente del 28 luglio 2013 una bimba di tre anni che ha passato tutto questo tempo in vari ospedali, con i genitori anch'essi feriti che finora l'hanno assistita come hanno potuto, affidando per lunghi periodo il fratellino (ferito meno gravemente) alla zia. Sofferenze che troppo rapidamente sono sparite dalla nostra attenzione e che invece dovrebbero quantomeno essere di esempio su cos'è davvero un incidente.