Apparentemente è solo una lotta contro il tempo: il voto con cui l'altro ieri un Parlamento europeo in scadenza ha detto sì all'obbligo di e-call su autovetture e veicoli commerciali leggeri nuovi dalla fine del 2015 rischia di essere vanificato se gli Stati membri non troveranno rapidamente un accordo tra loro (l'unica cosa che manca perché l'obbligo venga definitivamente imposto). Però, a ben guardare, la lotta vera è proprio quella tra i vari Paesi, perché dietro c'è un business importante: quello delle scatole nere. E l'Italia "c'è dentro fino al collo".
Infatti, siamo l'unico Paese al mondo che ha superato i due milioni di esemplari montati, per giunta nonostante l'allergia della gente ai dispositivi di controllo e lo smisurato "amore per la privacy". Inoltre, quello delle scatole nere è uno dei pochi settori industriali in cui l'Italia è leader mondiale. Tutto questo, assieme alle modalità di funzionamento dei dispositivi, potete approfondirlo dal recente dossier curato dal collega Riccardo Sabbatini per l'Ania ( Download Ania Dossier-Scatole-nere_Italia-leader-al-mondo).
Il problema è che proprio l'e-call è un concorrente pericoloso per la scatola nera. Infatti, ha anch'esso un localizzatore satellitare, che serve per far capire ai sistemi di soccorso da dove arriva la chiamata generata in automatico dopo l'incidente. Esattamente come accade per la scatola nera, che però ha in più almeno un accelerometro (altre hanno anche una telecamera e ne stanno arrivando altre con riflessometro ed etilometro). Solo che almeno un accelerometro le auto ce l'hanno già di loro: serve per far funzionare airbag ed Esp. Sì: anche se non lo sapete, di fatto ogni auto una scatola nera ce l'ha già nei suoi dispositivi di bordo, solo che non è una cosa pubblicizzata e in caso d'incidente non è semplice estrarre i dati (occorrono un ottimo perito e la collaborazione del costruttore).
Un altro problema per i costruttori di scatole nere è che, Italia a parte, nel mondo non c'è poi una così grande richiesta: solo da noi il problema delle frodi e dei furti è tanto sentito da aver creato un mercato. Anche dal lato dell'offerta. Non è casuale che le industrie leader in questi apparecchi anti-furbi siano italiane, cioè del Paese dei furbi; è un po' quello che sta accadendo nelle revisioni con il sistema MctcNet 2 e con il controllo della velocità media con sistemi tutor.
E allora che si fa? Una strategia è quella di mettersi a produrre e-call per veicoli nuovi. Un'altra è mantenere le scatole nere così come sono e cercare di piazzarle sempre più su veicoli già circolanti, sperando nel traino degli sconti sulle polizze.
Ma una precondizione per tutto questo sarà forse l'affinamento del prodotto e del servizio. Infatti, nel localizzare il veicolo, la scatola nera può sbagliare di qualche metro. Un'inezia se si tratta di indirizzare i soccorsi dopo un incidente, un problema non da poco se si tratta di ricostruirne la dinamica ai fini del risarcimento assicurativo: per esempio, nell'urto a un incrocio, come si fa a capire se il veicolo dotato di scatola nera si è fermato entro la striscia d'arresto o l'ha oltrepassata? E dire che il Dl Destinazione Italia voleva attribuire alle risultanze della scatola nera addirittura pieno valore in tribunale per la ricostruzione dell'incidente…