Un pannicello caldo. Questo è l'intervento che il Governo dice di aver fatto per limitare i rincari dei pedaggi autostradali, scattati puntualmente alla mezzanotte del 1° gennaio. L'iniziativa è estemporanea e non solo perché gli aumenti limitati oggi saranno recuperati in un domani molto vicino (cioè entro il 30 giugno, un po' come successe l'anno scorso), ma soprattutto perché il solo intervento che sarebbe necessario è un giro di vite sulle condizioni che consentono ai gestori autostradali di chiedere e ottenere i rincari. Infatti nei mesi scorsi, indagando sulla strage di Acqualonga e le sue cause legate alle carenze dell'autostrada, abbiamo scoperto cose interessanti sui meccanismi che stanno dietro alle tariffe.
Innanzitutto, abbiamo appreso (facendo precise domande allo stesso ministero delle Infrastrutture, che ora comunica di aver limitato i rincari 2014) che il superispettorato creato nel 2006 da Antonio Di Pietro per fare le pulci ai gestori (lo Svca del ministero, prima Ivca presso l'Anas) non ha alcuna voce in capitolo sulle condizioni in cui vengono tenuti i guard-rail, sui criteri in base ai quali si decide di sostituirne alcuni (magari più facili ed economici da cambiare) anziché altri (più costosi anche se ugualmente in cattive condizioni) e su come vengono contabilizzate le cifre spese (quindi, se un gestore appalta - come fa non di rado il colosso Autostrade per l'Italia – a una sua controllata che poi subappalta a imprese minori risparmiando anche un 30% che di fatto "resta in casa" dello stesso gestore-controllante, nei conti su cui vengono determinati i rincari viene considerata la spesa al lordo di questo 30%).
Curiosamente, poi, il parametro di qualità dell'infrastruttura che rientra nella formula di calcolo dei rincari tariffari è l'indice di rugosità dell'asfalto. Dunque, s'incentiva direttamente il gestore a investire su quella (che – per inciso – è la specializzazione della Pavimental, la controllata di Autostrade per l'Italia che affida gli altri lavori in subappalto risparmiando quel 30%), mentre su tutti gli altri interventi per la sicurezza l'incentivo è solo indiretto, mediato (conta infatti la mortalità sulla rete del gestore, che dipende da svariati fattori).
Inoltre, sulle tariffe non pesano disservizi pesanti e prolungati dovuti a errori dei gestori. Come l'affidamento a imprese sospettate di camorra e dalle dubbie capacità tecniche, che sta tenendo chiuso da due mesi lo svincolo di Ferentino sull'Autosole e altri problemi potrebbe creare. E ha già causato incidenti, che solo per una combinazione fortunata non hanno fatto vittime.
Di fronte a questo quadro, il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, non ha trovato di meglio che difendere il sistema attuale. Lo ha fatto, per giunta, quando le 40 vittime della strage di Acqualonga erano state appena seppellite. Eppure era appena andato di persona a rendersi conto della tragedia. Perlomeno l'intervento con cui il Governo ha parzialmente limitato i rincari 2014 è stato motivato dalla crisi economica che grava su famiglie e imprese (non per nulla il traffico autostradale è in calo) e non da perplessità sulla sicurezza.
Alla luce di tutto questo, lascia perplessi il fatto che le grandi imprese del settore continuino in ogni occasione possibile a chiedere in regole certe per i loro investimenti: nell'opacità del sistema hanno dimostrato di sapersi muovere bene. E, a parte gli enti locali indebitati e strozzati dal patto di stabilità che devono far cassa vendendo partecipazioni nelle società autostradali, non risulta ci siano tanti altri protagonisti del settore che se ne stanno disimpegnando. Anzi, il protagonista più grande (il gruppo Atlantia-Autostrade per l'Italia) vi si mantiene bene e il secondo operatore (il gruppo Gavio) ha appena raggiunto questa posizione continuando ad acquisire quote di varie società concessionarie. Dunque, il settore non è poi così critico come altri da cui in effetti gli operatori scappano (pensate alle raffinerie che chiudono e all'uscita della Shell dal mercato italiano della distribuzione carburanti).
Intendiamoci bene: le lamentele dei gestori autostradali hanno anche un loro fondamento, visto che lo Stato ormai non investe più come una volta in grandi opere e che costruire in Italia non è affatto facile (per problemi sia geologici che burocratici, per tacere dell'assalto della criminalità negli appalti). Ma non appare di buon gusto tirarle fuori anche ora che stanno emergendo certe pecche del sistema.
A questo punto, si può cadere nella tentazione di fare demagogia. E non si può escludere che qualcuno ora mandi il solito, generico comunicato di protesta sui rincari autostradali. D'altra parte, sui costo delle percorrenze autostradali si discute moltissimo e si fa demagogia pure in Paesi dove si paga infinitamente meno che da noi e la gente sembra più matura: Svizzera e Germania. Ma proprio il fatto che lì si discuta perché si vorrebbe aumentare (e di molto) il costo per gli utenti ci dice che in effetti il mestiere del gestore autostradale è difficile, se si pretende che mantenga la sua rete in ordine. Tenete anche conto che l'Italia, riguardo ai guard-rail, si è data le regole più severe d'Europa, anche perché rispetto alla Germania ha molte più montagne, gallerie, viadotti, precipizi. Così, se andate negli altri Paesi europei, troverete perlopiù barriere meno performanti rispetto alle nostre, anche se tenute perfettamente e non con la nostra sciatteria.
Dunque, non si pretende che ai gestori non venga riconosciuto quell'impegno che le difficoltà del loro lavoro richiedono, soprattutto in Italia. Ma non gli si può lasciare carta bianca sulla manutenzione, come sostanzialmente accade oggi. E senza che funzioni adeguatamente quel guinzaglio che d
ovrebbe essere il price cap su cui dsi basa il meccanismo di determinazione dei rincari tariffari.