Ci siamo. Dopo mesi di giri di bozze e settimane di traccheggiamenti per decidere quando far uscire il provvedimento, il Governo ha annunciato ieri il varo del pacchetto Vicari per tagliare le tariffe dell'assicurazione Rc auto. Lo ha fatto per bocca nientemeno che del premier, Enrico Letta, nientemeno che nel discorso fatto ieri alle Camere per ottenere la fiducia. Roba importante, dunque. Tanto che persino un giornale come "Il Sole 24 Ore" oggi registra la cosa all'interno del suo titolo di apertura. Ma la verità è che, in qualsiasi modo venga alla luce, il pacchetto si tirerà dietro polemiche e contenziosi. Non solo perché va a incidere su un settore pieno di bubboni incancreniti che i tanti "interventi chirurgici" fatti negli ultimi 15 anni non sono mai riusciti a curare. Stavolta c'è di più: nelle ultime settimane Letta lo ha avocato a sé, inserendo misure dirigistiche che faranno urlare le compagnie e le convinceranno a scatenare il contenzioso. Parlo soprattutto della percentuale di sconto imposta in automatico alle compagnie in cambio dell'accettazione della scatola nera a bordo da parte dell'assicurato.
Una misura a rischio incostituzionalità. Letta non può non saperlo, se non altro perché dovrebbe essere rimasto scottato da un'altra misura altrettanto dirigistica: il blocco delle tariffe Rc auto, da lui "firmato" nel marzo 2001 (legge 57/2001) e portato dall'Ania (l'associazione delle compagnie) fino alla Corte di giustizia Ue. Dunque, se Letta ha deciso di andare avanti a testa bassa, credo ci sia un solo motivo, che ho anticipato giusto ieri mattina alla platea di un convegno sulle assicurazioni, quando ancora non si sapeva che il premier avrebbe annunciato con enfasi il via libera al pacchetto Rc auto: in questa fase in cui il Governo fa parlare di sé solo per l'Imu e tutti gli altri inasprimenti fiscali, c'è bisogno di dare in pasto ai media qualcosa che dia all'opinione pubblica l'impressione che "stiamo lavorando per voi".
E pazienza se si scateneranno vespai di polemiche e ricorsi in varie sedi. Quelli magari li gestirà uno dei prossimi governi. Una considerazione molto in voga da troppo tempo in tutta la classe dirigente italiana, non solo politica e pubblica ma anche aziendal-privata.
Il problema è che tutto questo si aggiungerà ai punti del pacchetto che sono già critici. Come l'allungamento dei tempi dei risarcimenti, accordato alle compagnie nella speranza che almeno così inizino a fare tutta la loro parte nella lotta alle frodi. Oppure, sempre nell'ambito della misure antifrode, la black list dei testimoni, su cui qualcuno solleva problemi di privacy, come segnala SicurAUTO.it.
Senza contare il fuoco che apriranno le organizzazioni di rappresentanza degli autoriparatori (Download Rc Auto_Rimborsi forma specifica_Comunicato stampa Carrozzieri Confartigianato_Cna_Casartigiani) contro l'obbligatorietà di fatto del risarcimento in forma specifica: chi vorrà continuare a scegliersi il carrozziere da cui andare dovrebbe ricevere la stessa cifra che la compagnia avrebbe riconosciuto a un carrozziere convenzionato con essa (e spesso da essa "strozzato" con condizioni economiche contrattuali pesanti), per cui alla fine è giocoforza affidarsi a uno di questi ultimi. E contro il divieto di cessione del credito, studiato per evitare che il danneggiato affidi al carrozziere la pratica di risarcimento, limitando i rischi che i costi si gonfino, ma andando anche contro un principio fondamentale del Codice civile, legato peraltro a un principio garantito dalla Costituzione com'è la liberta d'impresa (la stessa che le compagnie invocheranno contro gli sconti sulla polizza di entità imposta quando c'è la scatola nera).
Intendiamoci bene: qualcosa bisogna pur fare per incidere su bubboni decennali che gonfiano i prezzi fino a farli arrivare ai livelli più alti d'Europa (pur con mille precisazione che si potrebbero fare su come vengono fatti i confronti). Ma sarà sempre difficile trovare una quadra, perché una stessa misura da un lato è necessaria contro i furbi e i professionisti che fanno della Rc auto un ammortizzatore sociale per sé e le proprie famiglie, dall'altro andrà a toccare diritti tutelati dall'ordinamento di cui si avvalgono anche persone onestissime che è ingiusto penalizzare. Questo vale sia per gli assicurati sia per gli operatori del settore.
Il pacchetto comprende anche la scatola nera, su cui pensiamo di aver già detto tutto. Dovrebbe essere chiarito che le compagnie non hanno l'obbligo di offrirla, ma se la offrono devono praticare uno sconto minimo rigidamente fissato, che contrasta con ogni principio di libertà d'impresa e rischierà di essere poi scaricato in altro modo sulle tariffe. Ma, aldilà di questi passaggi legati all'attualità, dobbiamo renderci conto che potrebbe essere l'inizio di una rivoluzione che potrebbe spazzare via il bonus malus: non saremo mai obbligati a montarle, ma di fatto è possibile che dovremo farlo per evitare di essere stangati (almeno nelle zone dove le tariffe sono insopportabilmente alte, dove infatti già ora molti "virtuosi" si fanno montare l'apparecchio) e da quel momento il nostro comportamento sarà sotto osservazione per tarare un prezzo personalizzato della Rc auto. Dunque, la scatola nera non servirà più solo a capire la dinamica e la velocità in caso d'incidente: dirà anche (sia pure in forma aggregata, per non ledere la prvacy facendo apparire momento per momento dove siamo) quanto guidiamo, su che tipo di strada, a che velocità e con quali accelerazioni e frenate. Allora, alla fine potrebbe contare più lo stile di guida che il numero degli incidenti causati nel tempo.
Infine, su tutto il sistema aleggia un sospetto che sarebbe bene che le autorità dissipassero: quello che le tariffe siano gonfiate anche dalle stesse compagnie e non da truffatori occasionali o di professione come le compagnie dicono. Non dimentichiamo che il gruppo Fonsai dei Ligresti in questi mesi è sotto inchiesta proprio per aver gonfiato le riserve sinistri (quindi i costi della Rc auto e quindi le tariffe), con la complicità dell'ex-presidente dell'autorità di vigilanza (all'epoca si chiamava Isvap), Giancarlo Giannini. Una prassi di cui ho sentito parlare per la prima volta, ma senza riscontri, a metà anni Novanta e relativamente un po' a tutte le compagnie. I più attenti ricorderanno che esattamente 10 anni fa metodi del genere furono denunciati da un dipendente dell'ispettorato sinistri della Ras (struttura in comune con altre compagnie) a Lecce. L'indagine fu archiviata, ma ora sarebbe bene riapprofondirla. Non solo alla luce del caso Fonsai, ma anche delle voci che nell'ulti
mo anno nell'ambiente si sono infittite: sento parlare di casi in cui c'è un solo sinistro ma vengono aperti due fascicoli, di cui uno viene archiviato ma soltanto dopo che ha "fatto numero" nelle statistiche, contribuendo dunque a giustificare rincari tariffari. Citiamo anche altri sistemi poco ortodossi nella liquidazione dei sinistri (come l'acquiescenza a pagare compensi ad avvocati anche prima che facessero causa, cioè quando il regolamento sul risarcimento diretto vieta alle assicurazioni di coprire spese del genere), di cui ha parlato due anni fa il collega Cosimo Murianni su "Quattroruote" senza essere mai smentito. Ciò consente in teoria di leggere anche in un altro modo la vicenda La Russa-Ligresti: nelle indagini su Fonsai, sono spuntati cospicui pagamenti all'ex-ministro Ignazio La Russa, che si è prontamente difeso dicendo che sono solo compensi professionali perché lui con le assicurazioni lavora fin dagli anni Settanta, quindi da un lato ci dice che è tutto regolare e dall'altro ci dice che potrebbe far parte anche lui di questo sistema di "liquidazioni facili" gestito da pochi legali ben introdotti (e forse non soggetti ad alcuna valutazione di efficacia ed efficienza quando si tratta di rinnovargli l'incarico).
Dicerie malevole? Può darsi, ma stanno tornando ad essere ricorrenti e chi ha il compito di vigilare dovrebbe tranquillizzarci.