Sono passate esattamente due settimane, ma tra gli addetti ai lavori se ne parla ancora. Tanto più che l’altro ieri sul sempreverde tema della doppione Pra-Motorizzazione è uscito anche L’Espresso. Ma l’articolone di due settimane fa firmato da Sergio Rizzo (coautore del libro “La Casta” col collega Gian Antonio Stella) sulla prima pagina del Corriere della Sera sugli sprechi (veri e/o presunti) dell’Aci ha fatto probabilmente più rumore del necessario. Di certo ne ha fatto più di altri precedenti. Che di certi temi si parli è positivo: i cittadini devono poter riflettere sul malgoverno e sulla sostenibilità di un sistema che prima ha dato lavoro a tanti, ma ora porta solo tasse per tutti. Tanto più che il tema sta sull’agenda della spending review del governo Letta (anche se per ora solo sotto forma di un’insignificante riga sull’elenco delle cose da fare, che parla di una non precisata unificazione tra Motorizzazione e Pra). Ma proprio per questo bisogna che gli elementi su cui riflettere siano illustrati in modo preciso.
E invece nella maggior parte degli articoli (compresi gli ultimi due) c’è più di un’imprecisione, tale da non far inquadrare proprio bene i termini del problema. Sarebbe tedioso e antipatico mettersi a fare le pulci. Sappiate solo che:
– se i passaggi di proprietà dei veicoli usati costano uno sproposito (e penalizzano ulteriormente un mercato che in Italia per sue colpe è sempre stato un nano rispetto ai Paesi più avanzati) non è perché c’è il Pra, ma perché politicamente si è deciso che queste transazioni devono dar soldi alle Province (l’Ipt, Imposta provinciale di trascrizione, è il secondo introito di questi enti dopo la tassa sulla Rc auto e il Pra ne è solo il cassiere);
– anche abolendo il Pra resta la necessità di rendere la vita difficile a truffatori e criminali che si avvalgono di prestanome, per cui ci vorrà sempre qualcuno che se ne occupi come fa ora il Pra e auspicabilmente anche meglio perché oggi il sistema dei controlli ha varie falle per legge (è lo stesso problema di quando si propone di abolire le Province e non si tiene conto che le loro funzioni vitali, come la manutenzione di strade e scuole, qualcuno dovrà pur svolgerle).
Il vero problema sta nel modo in cui questa funzione di garanzia viene esercitata. La domanda da farsi è se sia proprio necessario che per esercitarla serva un ente a parte, con le sue poltrone e una costellazione di società controllate che storicamente ha prodotto più altre poltrone che utili autonomi (come nelle Province accade con le Giunte e i Consigli). Dato per scontato che la risposta è no, se ne deduce che la parte del Pra che svolge la sua funzione insopprimibile potrebbe stare anche sotto un cappello diverso da quello attuale dell’Aci. Quello della Motorizzazione? Quello di un altro ente da far nascere apposta? Un altro che vi suggerisce la fantasia? Importa poco. L’importante è far nascere un’organizzazione che metta insieme tutto il personale realmente operativo di Pra e Motorizzazione esaltando le competenze di chi ne ha già, riqualificando con non ne ha o non ne ha più e stanando chi non ha mai lavorato. Punto.
Il resto è un problema di chi inevitabilmente perderà le poltrone. E non mi pare un gran problema, anche perché nei decenni in cui le ha occupate ha potuto accumulare abbastanza risorse da garantirsi una serena vecchiaia: basta solo non avere un tenore di vita esagerato.
Si dirà che l’Aci non è solo il Pra, ma è anche un club che dà servizi, studi e tutele agli automobilisti. Bene. La Corte dei conti da decenni dice che tutta questa parte economicamente non si regge in piedi. Io posso aggiungere che il problema non è solo economico: su certe cose l’Aci viaggia con il freno tirato. Perché, se facessero grandi battaglie o comunque denunce in qualche modo scomode, si pesterebbero i piedi alla politica. Quella stessa politica che occorre tener buona per non perdere il controllo del Pra.
Così si spiega, per esempio, il fatto che l’Aci non abbia fiatato di fronte alla tragedia di Acqualonga: 40 morti per un guard-rail che gli automobilisti pagano perché sia perfetto e invece non lo era.