Per la Cassazione le buche non sono tutte uguali. Ecco perche’

Che differenza c’è tra una caduta per una basola fuori posto su un marciapiedi di Napoli e una dovuta alla radice di un pino che alza lievemente l’asfalto di un vialetto della villa comunale di Molfetta? Nessuna, secondo il comune buonsenso. Ma per la Cassazione non è così: nel giro di un mese, la terza sezione civile della Corte ha dato ragione a una donna inciampata su una basola (sentenza 24793/2013, depositata il 5 novembre) e la sesta sezione civile ha dato torto ai genitori di una bambina caduta incespicando sul rialzo di una radice (sentenza 27306/2013, depositata ieri). Dunque, nel primo caso il Comune ha dovuto pagare il risarcimento. Nel secondo no.

Cerchiamo di capire.

Certo, influiscono le differenze tra una sezione e l’altra: le persone, per quanto giudici (per giunta del massimo livello) e quindi necessariamente ammantati di un’aura d’imparzialità, non sono tutte uguali. Poi però c’erano anche differenze nei fatti: il dislivello tra basole non era stato visto dalla signora napoletana perché – dicono gli atti processuali – il marciapiede era buio e ingombrato da immondizia. Problemi che nella villa comunale di Molfetta non sono stati riscontrati. Infine, bisogna considerare che la Cassazione deve solo giudicare se i giudici dei due gradi di giudizio precedenti hanno deciso in modo corretto in base agli atti disponibili.

Tre fattori che devono sempre indurci alla prudenza quando sinteticamente diciamo “la Cassazione ha stabilito che si può fare”, “la Cassazione boccia” e altre frasi così nette. Vale per noi giornalisti, ma anche per gli avvocati che così si procacciano clienti o assecondano gli intenti truffaldini dei clienti che hanno già. Alimentando un contenzioso già gonfiato e dando il loro contributo a far raggiungere alle tariffe della Rc auto il livello più alto d’Europa (il fatto che ultimamente stiano scendendo a causa della crisi non deve distrarci).

  • Maurizio Caprino |

    Mi fa piacere che lei precisi che il suo commento si riferisce al tenore letterale del mio articolo. Ovviamente penso che ci siano anche avvocati coscienziosi. Ma, come in tutte le categorie (compresa la mia), i peggiori trainano tutto verso il basso, senza che i migliori possano fare nulla: ci vorrebbe più maturità da parte dei clienti per smascherare i giochini. Senonché, se fossero proprio maturi, i clienti avrebbero molto meno bisogno di noi professionisti. Mi premeva infine precisare che in questo articolo parlavo di avvocati, ma più volte ho scritto che la Rc auto è un sistema inquinato da più parti, perché ha avuto la funzione di ammortizzatore sociale per varie categorie e alle stesse compagnie conviene assecondare la tendenza (se non altro per non dover combattere certe prassi su cui si sono adagiati anche i loro liquidatori, senza contare che nella loro posizione hanno potuto scaricare le storture del sistema sulle tariffe senza che gli onesti abbiano potuto fare qualcosa in più che protestare). Dunque, ne ho per tutti e l’ho scritto altre volte. Grazie per l’attenzione.

  • enrico penzo |

    Egregio dott. Caprino,
    l’analisi da Lei fatta delle due apparentemente contrastanti sentenze della Suprema Corte, rese a quanto pare, in materia di responsabilità civile da cose in custodia, è condivisibile.
    Assai meno condivisibile è il Suo pezzo laddove indica ((limitandosi al tenore letterale del Suo scritto) nell’intera categoria degli avvocati la causa diretta ed unica dell’aumento del “contenzioso già gonfiato”.
    Dove sbaglia grossolanamente, e qui la Sua analisi è totalmente fuorviante ed incomprensibile, oltre che per nulla pertinente con le due sentenze citate (il parallelo, proprio non ci sta), è nell’addossare all’avvocatura intera le “colpe” dell’aumento dei premi della RCA, materia assai diversa da quella trattata nelle due citate sentenze.
    Se i premi sono, secondo quanto afferma, i più alti in Europa (rispetto a quali servizi?), il motivo è semplicemente quello che l’obbligatorietà dell’assicurazione in questo particolare settore rende il cittadino-consumatore facilmente “tosabile” per le compagnie assicuratrici legate agli istituti bancari (i cui buchi di bilancio, in qualche modo, devono essere ripianati).
    Mi risulta, infati, che il ramo RCA sia in attivo dopo tutti gli ultimi interventi legislativi dettati solo a favore delle compagnie e mai dei danneggiati, mentre il settore vita sia ormai asfittico.
    Per giungere al pareggio di bilancio è, quindi, assai facile spremere il povero consumatore automobilista.
    Cordialmente.
    Avv. Enrico Penzo

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