Spesso ci facciamo l’idea che denunciare i disonesti sia inutile: le indagini languono, i processi sono lunghi, le pene miti e incerte. Era andata così anche nel caso dei furboni che riuscivano a far immatricolare suv, monovolume, fuoristrada e station wagon come autoveicoli speciali a uso ufficio, pienamente deducibili e detraibili fiscalmente. Erano persone di tutta Italia e confluivano a Bologna, dove un’azienda offriva il pacchetto di “trasformazione” e la locale Motorizzazione ci metteva il timbro.
Visto che la trasformazione consisteva semplicemente nell’installare un tavolino asportabile e prevedere una presa elettrica per un’improbabile computer e/o stampante, la Procura di Bologna partì in quarta con un maxisequestro, che poi fu prontamente bocciato dal Tribunale del riesame. Le indagini andarono avanti, ma arrivò la prescrizione.
La solita giustizia all’italiana, dunque. Però ora, a dieci anni di distanza dai fatti, la Guardia di finanza di Bologna ha giocato l’ultima carta possibile: la segnalazione alla Corte dei conti, per far condannare i responsabili dell’ufficio provinciale della Motorizzazione dell’epoca a risarcire allo Stato le tasse che i furboni non hanno pagato a causa della loro interpretazione “larga” delle norme sull’uso ufficio.
Riusciremo a recuperare questi soldi? Lo sapremo alla prossima puntata. Presumibilmente tra qualche anno.