Finirà probabilmente con un’assoluzione la vicenda giudiziaria del giovane che domenica sera a Milano ha investito e ucciso una mamma e i suoi due bambini mentre attraversavano imprudentemente un viale periferico. Infatti, guardando le sentenze che la Cassazione ha emesso negli ultimi anni su casi analoghi, si scopre che il motto secondo cui “il pedone ha sempre ragione” è solo un vecchio ricordo da autoscuola. La giurisprudenza si è evoluta, andando a vedere sia il comportamento del pedone sia il tipo di strada in cui è avvenuto l’incidente. E, quando la strada è conformata in modo da escludere la presenza del pedone, ha attribuito a quest’ultimo una quota di colpa maggiore rispetto a quella del guidatore, che non poteva prevedere di trovarsi davanti una persona a piedi.
Dal punto di vista penale, spesso sono gli stessi pm a chiedere e ottenere il proscioglimento del conducente indagato.
Il principio è stato riconosciuto non solo in tratti con un esplicito divieto di circolazione per i pedoni, ma anche dove ci sono guard-rail a altri ostacoli da scavalcare prima di poter camminare sulla carreggiata.
Al giovane che ha investito la mamma e i bimbi resteranno quindi lo choc e tutti i fastidi legati alla sospensione della patente (che in questi casi scatta praticamente in automatico) e al procedimento giudiziario.
Ma gli aspetti giuridici entrano in gioco solo dopo l’incidente. Per evitarlo, è fondamentale che pedoni e guidatori si rendano conto di due cose:
- su molti viali con luci e alberi la visibilità è molto minore di ciò che si pensa;
- in certi contesti anche l’acustica fa brutti scherzi, per cui un pedone può credere che non stia passando nessuno e decidere di attraversare nel momento più sbagliato.
La mamma egiziana investita probabilmente non aveva gli strumenti per sapere tutto questo. Ha pagato con la sua vita e con quella dei suoi figli.