In un Paese in cui al minimo fatterello di cronaca può saltar fuori una qualsiasi associazione dei consumatori ad annunciare una class action, che cosa dovrebbe succedere di fronte a una tragedia da 39 morti come quella del bus precipitato dal viadotto dell'A16, con tanto di muro di gomma ministeriale annesso. Un inferno di polemiche, direbbe la logica. E invece non sta accadendo nulla: dopo qualche comunicato nei primi giorni, in cui tanto per cambiare si dava (non sempre con ragione) addosso solo al bus e quindi ai malfamati mondi dell'autotrasporto e delle revisioni, quando hanno cominciato ad emergere come concausa importante anche le carenze del guard-rail è calato il silenzio.
Sarà la pausa agostana o il fatto che cinque tra le principali associazioni di consumatori sono state inserite nella Consulta per la sicurezza e qualità del servizio messa in piedi qualche anno fa da Autostrade per l'Italia. Lo sapremo solo dopo la pausa agostana.
Nel frattempo, possiamo ricordare che la tecnica di coinvolgere o cooptare in proprie iniziative-immagine le associazioni dei consumatori e altri soggetti potenzialmente scomodi per le proprie attività è una tecnica non sconosciuta alle grandi aziende. Già una ventina di anni fa, quella che oggi è la Telecom sponsorizzava convegnoni sulla difesa del consumatore e pazienza se poi la stessa azienda finiva nei bollettini Antitrust delle condanne proprio per lesione dei diritti del consumatore: l'importante era tener buono, per quanto possibile, chi difende il consumatore.
Nel caso di Autostrade per l'Italia finora mi risulta che l'unico membro della Consulta ad aver eccepito qualcosa sui guard-rail dell'incidente del bus sia stata "Quattroruote", con un documentato articolo di Cosimo Murianni apparso sul sito web della rivista (vedremo se ci saranno approfondimenti nei prossimi numeri del mensile).
Infine, vi segnalo l'assordante silenzio di chi si definisce il più importante difensore degli automobilisti: l'Aci. Eppure è vero che l'Aci ha una struttura importante, direi anche imponente. Nella quale non manca affatto un ufficio tecnico preparatissimo anche su questi temi, di cui conosco e apprezzo personalmente il valore. E allora perché questo silenzio? Al momento, l'unica spiegazione possibile appare la paura di prendere posizioni scomode per la politica, che poi potrebbe "vendicarsi" coinvolgendo nella spending review il Pra, da cui l'Aci trae gran parte delle risorse con cui si tiene (difficoltosamente) in piedi.
Spero di essere smentito alla ripresa di settembre.
ps: vi segnalo a pagina 15 del Corriere della Sera di oggi un bell'articolo di Fabio Cavalera sul caso-Guardian, giornale inglese con la schiena dritta che sopravvive bene alla crisi facendo informazione d'inchiesta senza montature e senza guardare in faccia nessuno. In Italia troppo spesso si fanno altre scelte e non sempre perché si teme che i lettori non le premierebbero abbastanza. Cavalera fa anche notare – giustamente – che di solito sulle pagine nostrane ci sono troppe interviste a ministri e vice-ministri; io posso solo precisare che un'intervista andrebbe anche bene, purché il giornalista vada a farla davvero (senza mandare le domande all'ufficio stampa, che rispedirà le risposte, il tutto per mail, senza contraddittorio) e che ci arrivi preparato a fare domande e a controbattere gli inevitabili voli pindarico-demagogici dell'interlocutore, sempre preso dall'effetto-annuncio e dalla ricerca del consenso facile.