Più soldi e più politiche per l'intermodalità, ma bisogna anche trovare il modo per ammodernare i mezzi pesanti in circolazione: troppi non hanno ancora l'Abs. Un controsenso, se si pensa che l'antibloccaggio dei freni è più diffuso sulle autovetture, che sono più controllabili e in caso d'incidente fanno meno danni. Questa è una spigolatura – in linea col tema principale di questo blog, cioè la sicurezza – che mi viene da fare guardando i risultati del rapporto Aci-Anfia sull'autotrasporto, presentato ieri (Scarica Rapporto ACI-ANFIA – 4 marzo 2013). Ma il problema più serio dell'autotrasporto è che è in corso da anni una battaglia tra chi vorrebbe "tagliare i viveri" al settore per favorire le ferrovie e chi invece dice che ci vorranno ancora troppo anni per far crescere il trasporto merci su ferro e quindi nel frattempo l'Italia perderebbe ulteriormente competitività.
L'ultimo episodio di questa polemica è esploso tre mesi fa all'inaugurazione della nuova Torino Porta Susa, la stazione del capoluogo piemontese dedicata all'alta velocità (Scarica Polemica Moretti sui fondi Autotrasporto. Replica di Giachino-4-12-2012). Protagonisti il big boss delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, e l'ex-sottosegretario ai Trasporti, Bartolomeo Giachino, da sempre vicino all'autotrasporto. I due hanno battibeccato anche sull'entità degli aiuti che lo Stato concede all'autotrasporto, ma non è il caso di addentrarsi.
Il problema di fondo è invece la scelta della strada che s'intende percorrere per evitare che l'Italia diventi ancora più marginale di quello che è nel mondo della logistica: pur stando piazzati strategicamente come una portaerei in mezzo al Mediterraneo, vediamo continuamente porti di Paesi emergenti (come Marocco e persino il turbolento Egitto) sottrarre traffico ai nostri, penalizzati da alti costi e collegamenti inadeguati con strade e ferrovie.
Questo in Italia lo sanno sia i gestori delle ferrovie sia quelli delle strade. Manca un governo che si prenda le proprie responsabilità una volta per tutte nel fare un piano mirato a portarci fuori dal guado nel lungo termine. Il rischio è che manchi ancora per un bel pezzo. Non solo per il quadro politico frammentato che è uscito dalle ultime elezioni, ma anche perché anche l'esecutivo più forte che si possa immaginare non avrebbe poi abbastanza soldi da spendere e programmare per supportare le sue scelte.
E allora "godiamoci" uno dei pochi effetti collaterali positivi della crisi: la pressione sulle infrastrutture italiane sta calando, con il traffico che scende. insomma, chi può ancora permetterselo viaggia con meno angoscia per code e ritardi.