Bollo auto: i bollettini dello scandalo e gli “errori” dei cittadini

In questa burocrazia che da anni si nutre di slogan governativi efficientisti (tipo "cambio di residenza in due giorni", previsto addirittura per legge) e campa con una lentezza che sa di antico (perché ci sono da difendere gli orticelli, che fanno semplicemente sopravvivere o danno anche tanto potere), capita che le due cose si mescolino in maniera micidiale. Per il comune cittadino, naturalmente. Oggi è uno di quei giorni in cui ciò si vede.

Infatti, è l'ultimo giorno per pagare il bollo, almeno per lo "scaglione" di veicoli più consistente. E chi deve metterne in regola uno con una variazione recente (cambio di residenza o passaggio di proprietà da una regione all'altra, km zero, montaggio dell'impianto a gas) rischia di sbagliare per colpa del sistema informatizzato e di doverne pagare le conseguenze. Insomma, la pubblica amministrazione (in varie sue articolazioni) sbaglia e il cittadino (solo contro tutti) paga. A questo fino a qualche tempo fa si è aggiunto un caso particolarissimo: quello di chi risiedeva in Piemonte, Veneto e Campania e ha deciso di pagare con il Mav inviato loro dalla Regione (che invece ultimamente si è limitata a mandare solo avvisi di scadenza).

In teoria, il sistema è ineccepibile: il principio è che la Regione tira fuori i dati in suo possesso, li usa per determinare l'importo da mettere sul bollettino Mav e – almeno a volta – accompagna il tutto con una lettera che riepiloga i dati del veicolo e del contribuente e lo invita a comunicare le eventuali variazioni. Una prassi inusuale, anzi non prevista dalle norme sulla riscossione. Ma preferita dalla Gec, società di riscossione che fa capo ad alcune banche locali piemontesi ed è finita nella bufera assieme ai responsabili dei tributi delle Regioni in cui opera: Piemonte, Veneto e Campania, appunto. Si parla di procedure truccate per l'assegnazione dell'incarico, con provvedimenti su misura per la Gec. E ora non sembra un caso che si sia usato il Mav, che consente di far restare nelle casse del riscossore per ben 45 giorni il denaro riscosso.

Problemi  di praticabilità giuridica a parte, il Mav ha il grosso problema di cumulare ai ritardi di tutta la macchina amministrativa (ve ne accennavo prima) anche quelli propri: una volta stampato il modulo, qualsiasi variazione registrata negli archivi successivamente "si perde". Salvo che il cittadino si accorga del mancato aggiornamento dei dati riportati nel modulo e vada in un'agenzia abilitata a farli rettificare (anche se poi le Regioni tendevano a non pagare loro il servizio, ci si chiede perché). In teoria, ci sarebbero anche gli sportelli Gec, ma sono pochissimi.

Ometto tanti altri particolari della vicenda che parlano di irregolarità e corruzione, visibili nelle 523 pagine dell'ordinanza del gip di Torino che a novembre ha mandato agli arresti (domiciliari o in carcere) ben 15 persone.

Ma si capisce già che c'era più di una ragione per buttare a mare il Mav e chi lo utilizza. Eppure l'altro giorno la Regione Veneto ha confermato l'incarico alla Gec per altri sei mesi, temendo di compromettere gli incassi. Come se la Gec fosse l'unico riscossore possibile, quando invece esistono norme nazionali che danno l'incarico a tabaccai e agenzie di pratiche automobilistiche abilitate (sono soprattutto quelle con le insegne Aci e Sermetra). Il Piemonte, invece, ha versato alla Gec 15 milioni, rinunciando a trattenerli come acconto del risarcimento danni provocati alla Regione.

Un punto di arrivo inglorioso per un sistema nato nel 1998 sulle ceneri del monopolio Aci, distrutto dalle cannonate dell'allora ministro delle Finanze, Vincenzo Visco. Si è dato tanto potere alle Regioni, al grido di "federalismo, federalismo!" e di "modernizzazione" (in effetti, il sistema precedente era antiquato). Ma si sono moltiplicate le occasioni di corruzione, confermando quello che si è scritto sulla grande stampa mesi fa, quando è venuto alla luce lo scandalo di Batman-Franco Fiorito. E la modernizzazione è stata solo di facciata: siamo arrivati (per giunta, dopo anni) ad avere tutti gli sportelli di riscossione informatizzati, ma i dati proposti dal sistema informatico a volte sono errati perché non aggiornati per colpa dell'amministrazione.

In 15 anni, ci sarebbe stato tutto il tempo per mettere a punto il sistema: sarebbe bastato che tutte le amministrazioni coinvolte collaborassero seriamente, condividendo gli archivi in tempo reale e unificando le procedure. Ma tutto si è arenato. E addirittura il comitato tecnico di coordinamento presso la Conferenza delle Regioni non si è riunito per mesi. Tanto di bollo auto non si parlava più in giro e pazienza se c'era ancora gente indotta a sbagliare e pagare. C'erano interessi superiori da difendere e coltivare.