I passeggeri, arrivati col volo serale, erano esperti di sicurezza stradale. Ma il tassista non poteva saperlo. Ed era pure ansioso. Di quell’ansia che ha indotto i passeggeri a pensare che gli fosse appena successo qualcosa di grave. Subito si è capito che questo qualcosa era lo smarrimento di un oggetto importante: prima di avviarsi dall’aeroporto all’albergo che avrebbe ospitato i passeggeri, il tassista aveva perso un minuto abbondante a cercare negli anfratti dell’abitacolo.
Niente. Così, alla prima occasione utile, lo sventurato ha ricominciato la ricerca, nella speranza che nel frattempo le frenate e le accelerazioni avessero spostato il prezioso oggetto in una posizione visibile. Ancora un po’ e la tenacia è stata premiata: il tassista ha calato la mano sulla moquette e ha sollevato…la fibbia di una cintura di sicurezza. Sì, la cosiddetta “supposta”, da inserire nell’attacco per far tacere il cicalino di allarme cinture non allacciate.
Nulla di nuovo: è un trucco di cui abbiamo iniziato a parlare anni fa, quando le case automobilistiche hanno cominciato ad aderire alle raccomandazioni europee che premevano per far incrementare l’uso delle cinture.
Ma il fatto che la “supposta” diventi addirittura una fonte d’ansia in un professionista della guida è grave. Non intendo generalizzare, perché fa male a chi ha professionalità (fosse anche uno solo, va tutelato) e perché non voglio aprire le polemiche aspre che avemmo su questo blog con la categoria dei tassisti giusto un anno fa, quando commentai gli sconfortanti risultati dell’indagine Eurotest su di loro. Però resta la gravità dell’episodio.
Tanto più che il tragitto aeroporto-albergo (non cito la città, non è rilevante) fatto di sera non è proprio il percorso breve fatto a bassissima velocità che i tassisti citano come loro condizione tipica di lavoro quando chiedono di cambiare il Codice della strada per essere esentati dall’obbligo di allacciarsi.