Il primo agosto, a suo modo, è stata una data storica per il Codice della strada: ha sancito definitivamente che – un po’ per la complicazione che lo contraddistingue e un po’ per le continue furbizie di che deve rispettarlo e di chi deve farlo rispettare – anche le cose più scontate diventano autentiche scoperte. Ma che cos’è successo di così importante il primo agosto? Il ministero delle Infrastrutture ha risposto al quesito di un’associazione fiorentina di camperisti, che aveva chiesto a quali regole siano soggetti i ciclisti quando circolano su strada.
Una domanda banale: c’è già scritto tutto nel Codice e sono poche regole, per giunta anche semplici. Così anche la risposta ministeriale non poteva che essere banale: le bici devono avere sempre un campanello, devono circolare in fila indiana o al massimo – quando non ci sono pericoli – affiancandosi due a due e così via. E allora che bisogno c’era di fare questa domanda? Le ipotesi sono due e non saprei quale è peggio.
La prima è che si sia cercato di forzare la mano su qualche interpretazione, il che sarebbe grave visto che parliamo di norme semplici.
La seconda è che si sia voluto attirare l’attenzione sul fatto che troppo spesso quelle norme sono disattese e nessuno controlla. Quando arriva il solito gruppone del sabato pomeriggio con bici ultrasofisticate, come si fa a fermarli, a pretendere che abbiano il campanello e che stiano in fila indiana?