C'è poco da fare: quando si parla di soldi per la sicurezza stradale, si tocca un tasto dolente. Lo confermano le ultime due storie, al limite dell'incredibile.
Nella prima, è protagonista la Fondazione Luigi Guccione, che si è sottoposta al calvario di chiedere ai Comuni più grossi a quali scopi hanno destinato gli incassi delle multe. Secondo voi, com'è andata a finire?
La seconda storia è invece l'ambiguo atteggiamento della Provincia di Pavia nei confronti dei Comuni del suo territorio che hanno postazioni fisse di controllo della velocità.
La Fondazione Guccione ha incontrato spesso un muro di gomma. Del tutto prevedibile: per questo dicevo che aveva deciso di sottoporsi a un calvario, in quanto quelli sono dati che nemmeno il ministero delle Infrastrutture riusciva a ottenere, nonostante i Comuni siano obbligati dal Codice della strada a fornirglieli. Qui leggete i particolari della vicenda (Scarica FLG UN TRIBUNALE PER AVERE QUEL CHE E' DOVUTO). A me non resta che ricordare che da un anno e mezzo il Codice prevede – finalmente – anche sanzioni per i Comuni inadempienti. Ma sono sanzioni inapplicabili.
Quanto al caso-Pavia, la Provincia è partita bene, con una dichiarazione contro il malcostume delle multe usate solo per fare cassa. Ma poi ha parlato di nuovi controlli, giustificati da un'emergenza sicurezza stradale non meglio precisata (e invece i cittadini dovrebbero saperne di più, in modo da condividere gli scopi delle iniziative dell'amministrazione, altrimenti arriviamo alle solite rivolte in cui s'infilano capziosamente anche i pirati della strada). Ma, soprattutto,a sua volta chiesto parte dell'incasso ai Comuni che hanno postazioni di rilevamento su strade provinciali, altrimenti avrebbe revocato l'autorizzazione a tenerle. Si spera almeno che s'impegni a utilizzare queste risorse per mantenere meglio quelle stesse strade, come vorrebbe l'articolo 25 della riforma del Codice, che giace inattuato da un anno e mezzo.