La falla era di quelle gravi e bisognava tapparla. Così alla Motorizzazione ci hanno pensato un mesetto e hanno scritto una nota sul caso degli etilometri "irregolari" scoppiato in settembre nel Nord-Ovest. La lettera, datata 13 ottobre e protocollata RU29088, afferma l'unica cosa che è possibile affermare: il laboratorio impiantato nel Cpa (Centro prove autoveicoli) di Milano (e anche quello appena attivato a Catania) che affianca il Csrpad (Centro superiore ricerche e prove autoveicoli e dispositivi, abilitato dal Regolamento di esecuzione del Codice della strada a tutte le verifiche di idoneità degli etilometri) di Roma ha attrezzature, organizzazione e – quindi – affidabilità uguale al laboratorio romano.
Dunque, è come se i controlli fossero fatti tutti al Csrpad e nessuno dovrebbe avere da ridire sui risultati delle misurazioni fatte da quegli etilometri.
Come ho scritto fin dal primo momento, nessuno dubita di questo. Ma, in un Paese di cavilli e carte bollate come l'Italia (per giunta con gli avvocati che stanno risentendo della crisi e del calo del contenzioso stradale dovuto all'introduzione del contributo unificato), si fa presto a sollevare una questione formale. E proprio per questo molti Comuni del Nord-Ovest avevano fermato gli etilometri, contestando alle aziende che glieli hanno forniti una non conformità del prodotto ai requisiti di legge.
Questo alla Motorizzazione lo sanno benissimo e hanno pensato a una formula che potesse disinnescare la "bomba". Ne è uscita la definizione di "laboratorio coordinato", utilizzata nella nota del 13 ottobre: in pratica, un modo per dire che le strutture presenti al Csrpad e quelle dei due Cpa coinvolti sono la stessa cosa e quindi non ci sarebbe bisogno né di cambiare il Regolamento né di emanare atti ufficiali relativi all'organizzazione degli uffici.
Se così fosse, però, c'è da chiarire come mai lo scorso luglio la Motorizzazione aveva bloccato le verifiche primitive (cioè i controlli fatti prima che un etilometro sia immesso in servizio per la prima volta) fatte a Milano e Catania, una scelta che sembrava dettata proprio dal fatto che per quei test il Regolamento è più stringente nell'indicare la competenza di Roma. La lettera affronta anche questo aspetto, spiegando che "ciò deriva unicamente da aspetti di opportunità, al fine di ottimizzare le procedure di verifica nell'ambito di un unico laboratorio, dotato peraltro di un consistente numero di banchi prova e di personale tecnico, così da far fronte tempestivamente alle richieste delle forze dell'ordine".
Resta una domanda: che cosa ne penseranno i giudici?