Non c'è pace per noi "censori" della pubblicità: nemmeno il tempo di rallegrarsi per lo spot della Fiat Freemont che finalmente fa vedere le cinture posteriori dopo più di un infortunio del gruppo italiano (ci voleva tanto a far indossare ai passeggeri indumenti chiari?) che la birra Corona ne fa mandare uno all'insegna di alcol e velocità. Per fortuna, il Giurì della pubblicità ha fatto il suo mestiere, bloccandolo.
Però, a pensarci bene, questo era un caso nel quale non si poteva non intervenire, tanto era clamoroso. Quindi – si può sospettare – chi ha deliberato quello spot era probabilmente consapevole che glielo avrebbero fatto ritirare, ma forse lo ha fatto mandare in onda lo stesso per fare comunque un po' colpo. Ma che ne è di tutti gli altri spot come quelli precedenti del gruppo Fiat, in cui semplicemente la sicurezza viene trascurata, pur senza inneggiare alle infrazioni più gravi? Qui è ovvio che non è materia per il Giurì, ma per la preparazione e la coscienza di chi quegli spot li realizza e di chi li commissiona. Speriamo che quello del Freemont sia l'inizio di una nuova era.