Nel caos di notizie su manovra e contromanovra innescato dal crollo dei mercati finanziari, una delle poche cose che si sono capite è che in Italia occorre favorire la crescita economica per avere più possibilità di ripagare l'enorme debito pubblico. C'è confusione anche su quali saranno le misure per la crescita, ma anche qui una cosa pare assodata: ci saranno liberalizzazioni (ovviamente soprattutto nei settori popolati da operatori piccoli, con poco peso politico). Gran parola: come si fa a non essere d'accordo, visto che evoca un concetto così alto, nobile e anti-casta? Ma non è per nulla detto che funzioni: può servire a rimandare il disastro. Perlomeno questo è quanto suggerisce un settore già libero da tempo: quello dell'auto.
Qui non c'è alcun contingentamento al numero di operatori e da oltre dieci anni, di fronte all'assottigliarsi dei margini di guadagno dei concessionari sulle vendite di esemplari nuovi, si è suggerito loro di integrare migliorando la loro posizione sull'usato, convincendo i clienti a far fare la manutenzione sempre nella loro officina e vendendo servizi (soprattutto polizze assicurative e noleggi). Analogamente, di fronte alla necessità di sfoltire una rete pletorica a misura di anni Sessanta e di contrastare il caro-benzina, ai gestori è stato detto che solo i più grandi sarebbero sopravvissuti e comunque integrando i guadagni col non-oil (bar, tabacchi, giornali eccetera).
Per non parlare delle revisioni, settore libero sin dalla nascita (metà anni Novanta): basta avere i requisiti (fondamentalmente, titoli di studio o esperienza di lavoro, i locali adeguati e le attrezzature) e la Motorizzazione deve autorizzare l'attività. Certo, non è roba per chiunque e negli anni le polemiche su come sono stati fissati i requisiti non sono mancate. Ma sta di fatto che il numero di officine, dopo qualche battuta di arresto, negli ultimi due anni ha continuato a crescere ed è arrivato al record: 6.700. Il motivo è sempre quello: si continua a dire a una categoria (in questo caso, i gommisti) che per tenersi a galla deve guadagnare facendo anche altro.
Capite bene che tutto questo funziona solo quando in qualche parte del mercato la domanda tira. Ma nell'auto sono in crisi un po' tutti. E quindi aggredire un'altra parte del mercato può essere una ricetta illusoria: si rischia seriamente di sbarcare in un ambiente già saturo. Quindi, rischiano di diventare illusorie le statistiche trionfali che ci si aspetta all'inizio (col ministro di turno che sbandiera i dati sulla creazione di nuove imprese).
Ma quel che è peggio è che in situazioni del genere sopravvive meglio il disonesto o comunque colui che risparmia illecitamente sui costi. Ciò, nel campo dell'automobile, si traduce in minor sicurezza. Soprattutto perché si fatturano controlli che in realtà non vengono effettuati, sia nelle revisioni sia nei tagliandi.