Quando si tratta di prendere qualche voto, i buchi nei bilanci pubblici – normalmente onnipresenti nei fatti e nelle parole quotidiane di questo Paese – scompaiono. Così, nella contesa elettorale per raccattare i consensi popolari necessari ad amministrare la Milano dell'Expo, si sventolano con disinvoltura insultante argomenti come trasferimento di ministeri e condono delle multe. Come se fossero a costo zero, oltre che giuridicamente fattibili. E invece, oltre a presentare qualche "problemino" normativo, costano eccome. Un controsenso, in un Paese in cui per risparmiare si tagliano pure i controlli della Motorizzazione.
Prendiamoci la briga di analizzare tutto, punto per punto.
Iniziamo ricordando che, se i Comuni si sono messi da anni a fare multe forsennatamente, in buona parte dei casi non è stato per amore della sicurezza stradale ma per la necessità di non aumentare le tasse locali come i tagli dei trasferimenti di fondi dallo Stato avrebbero loro imposto.
Si dirà che a Milano, alla fine, le promesse si sono ridotte a una sanatoria per le multe comminate nel caos di febbraio, quando l'Ecopass fu esteso a categorie normalmente esenti in modo tanto frettoloso da convincere qualche giudice di pace ad annullare le sanzioni. Dunque, un'operazione limitata, che non incide sulle casse (anzi, le salva dalle spese legali delle cause) e – come ha dichiarato il sindaco uscente Letizia Moratti – non dà l'impressione di un Comune che cede sulla legalità. Peccato che ci sia un motivo della limitazione che è ancor più stringente: per fare un condono ci vuole una legge dello Stato (come quella che infatti dovettero fare nel 2009), per cui il Comune non può che limitarsi a misure di autotutela (lasciar perdere multe che riconosce sbagliate). Occorre poi spiegare alla cittadinanza quanto è costato progettare, allestire e gestire tutto il sistema Ecopass e quanto altro costerà smontarlo (cosa che vuol fare anche Giuliano Pisapia, l'antagonista della Moratti).
Se i Comuni hanno pochi soldi, è perché lo Stato non gliene passa più. Così, se davvero fosse un'intenzione seria, non si capirebbe perché lo stesso Stato dovrebbe spendere risorse per trasferire a Milano qualche ministero. Peraltro in un'epoca in cui ormai si fa tutto in via telematica (o almeno così propaganda il ministro Brunetta), è già dimostrato che il decentramento può essere solo di facciata (vedi il caso della sede napoletana dell'Agcom, dove Report dimostrò che si fa ben poco) e si sta molto attenti a limitare gli spostamenti fisici per mostrarsi attenti agli obiettivi di riduzione della CO2.
La politica molto più attenta prima di fare promesse elettorali così se la gente avesse sempre ben chiari in testa gli effetti quotidiani dei tagli ai bilanci pubblici. Si tratta di pensare non solo quelle poche grandi cose di cui si parla abbastanza spesso per non dimenticarsene (scuola, sanità) e a quelle più piccole ma che colpiscono (benzina per le pattuglie delle forze dell'ordine). Bisogna tenere a mente anche le altre cose, perché sono una miriade che costella ogni aspetto della nostra vita; non ce ne rendiamo conto solo solo perché i mezzi d'informazione ne parlano pochissimo e gli addetti ai lavori non protestano rumorosamente.
Tra queste cose, c'è il taglio ai controlli svolti dalla Motorizzazione, che si aggiunge alla rinuncia decisa già da anni a svolgere alcune funzioni, sempre per problemi finanziari. Meno soldi per i Centri mobili di revisione (quelle officine mobili con cui si fanno i tanto apprezzati servizi congiunti con la Stradale per verificare regolarità documentale ed efficienza meccanica di uomini e mezzi cui affidiamo il trasporto merci su strada), i cui operatori non hanno più il gettone di servizio e hanno diritto solo a 12 euro per un pasto in trasferta (senza contare le difficoltà nel tenere in efficienza l'officina, come quella di Torino che sta avendo ripetuti problemi ai rulli prova-freni). Niente soldi per i servizi ispettivi esterni, come quelli sulle autoscuole per verificare che effettivamente si tengano le lezioni dei corsi di recupero punti (con buona pace della riforma del Codice, che ha previsto addirittura un esame – ancora inattuato – a fine corso). E tagli all'uso del mezzo proprio, per cui il personale ha difficoltà anche a raggiungere le scuole per esaminare i ragazzi che devono prendere il patentino. Tutte cose sulle quali monta la protesta di tutti i sindacati interni, anche se sui mezzi d'informazione non ne trovate praticamente traccia.
L'alta dirigenza della Motorizzazione ha lottato invano per mesi col ministero dell'Economia per avere i fondi. Aver perso non è una colpa, anzi. Ma probabilmente non è una colpa nemmeno quella di un dipendente (e rappresentante sindacale) dell'ufficio provinciale di Varese, Mario Macaluso, che si è concesso di criticare il fatto che si siano spesi sei milioni per l'ultima campagna ministeriale sulla sicurezza stradale (quella di Gigi Proietti, che finalmente parlava pure di cinture posteriori) mentre si dovevano tagliare risorse in altri settori anch'essi importanti per la sicurezza. Eppure Macaluso si è beccato una sanzione disciplinare. Non voglio entrare nel merito della sua fondatezza né sulla fondatezza delle critiche espresse da Macaluso: sono questioni non semplici come sembrano e credo che alla fine si esprimerà un giudice. Ma, in mezzo a tutti questi problemi, dedicare energie a una faccenda del genere sembra un po' troppo.