"Resto fiducioso in un benevolo accoglimento di quanto in oggetto". Così scrive Gian Valerio Lombardi, prefetto di Milano, nel ricorso a se stesso che in questi giorni è finito sotto gli occhi di tutti gli italiani grazie a "Quattroruote". Eh, sì: solo ad essere benevoli si potrebbe accogliere un ricorso del genere. Non tanto per la scontata benevolenza verso se stessi, che sottolineano tutti i giornalisti e i commentatori che si sono occupati della vicenda. Il problema è più profondo: il prefetto, già finito nel tritacarne per una certa benevolenza (almeno nei modi di accoglienza) verso ragazze dell'Olgettina mandategli da Berlusconi per sbrigare pratiche amministrative, a quanto emerso finora si mostra piuttosto sprovveduto nel ricorsi che i suoi stessi uffici trattano a migliaia.
Infatti, per avvalorare la sua tesi secondo cui l'auto gli si sarebbe guastata costringendolo a lasciarla in un posto riservato ai disabili, non ha esibito lo straccio di una prova. Che in questo caso sarebbe stata la semplice fattura del meccanico che l'avrebbe riparata. Tutte cose che gli stessi funzionari di prefettura di solito pretendono dal cittadino normale e questo il prefetto dovrebbe saperlo benissimo. Dunque o è profondamente ignorante in una materia di competenza dei suoi uffici o era certo che i suoi funzionari sarebbero stati "benevoli" con lui al solo leggere che quel ricorso era intestato a suo nome (e qui probabilmente c'è stato l'errore fatale, visto che probabilmente proprio a uno di quei funzionari appartiene la "manina" che ha fatto arrivare ai giornalisti quello sciagurato ricorso, di solito accade così).
Il fatto che avrebbe invece dovuto fare ricorso al giudice di pace (come fanno capire i giornali ed in effetti l'alternativa ci sarebbe stata) è quindi secondario: una mera questione di stile. Poi possiamo pure discutere se un prefetto non voglia tirare fuori gli 80 euro per un divieto di sosta per pura taccaegneria o per dimostrarsi potente. Se propendete per la taccagneria, sappiate che è in ottima compagnia.