Il furgone fotografato a 1230 all’ora. Colpa dell’autovelox? No, di chi ha scritto il verbale

Andiamoci piano. La notizia del furgone "colto" a 1230 all'ora da un autovelox su una superstrada pugliese è certamente ghiotta. E infatti ieri ha impazzato sui mezzi d'informazione. Ma, non sapendo ben spiegarsi che cosa può essere accaduto, i giornalisti ci hanno montato un po' di panna sopra, tanto più che l'argomento si presta: l'idea che un autovelox possa scambiare la nostra tranquilla andatura per il passaggio di un caccia supersonico inquieta il lettore e lo incuriosisce. Così oggi il povero comandante della Polizia municipale di Oria (Brindisi) ha dovuto diramare una nota per stoppare tutti.

In realtà, non c'era nemmeno bisogno di una nota ufficiale. Basta sapere un minimo come funzionano queste cose per rendersi subito conto che può essersi trattato solo di un errore di trascrizione sul verbale: non è l'autovelox che dà i numeri. Se non altro perché non è progettato per rilevare velocità così alte, come dimostra banalmente il fatto che il display si ferma a tre cifre.

Dunque, il problema sta in come è stato scritto il verbale. Una realtà che però solo in apparenza è più tranquillizzante rispetto all'ipotesi dell'autovelox impazzito. Perché oggi ormai i verbali non si scrivono più come normali lettere, ma usando appositi software. Che prevedono la correzione degli errori palesi e certamente una velocità a quattro cifre è palesemente incongrua. Quindi, non ha funzionato il software o l'operatore ha ignorato la segnalazione di errore?

  • M.P. |

    Ha ragione a rispondere così.
    Tuttavia la sua affermazione nasconde una amara verità.
    Realtà fenomenica e realtà processuale sono come i due binari su cui corre il treno del processo.
    Nel caso concreto il problema diventa capire come dare un senso ai concetti di “evidenza” e “grossolanità”.
    E sul punto l’esperienza processuale insegna che a fronte del dato “tecnico” della macchina qualsiasi risposta diversa non può essere utilmente offerta, salvo … i casi come questo.
    Con la conseguenza, ulteriormente negativa, che casi come questo rischiano di essere poi strumentalizzati.
    [risponde Maurizio Caprino] Questo è verissimo. Ed è il motivo per il quale ho voluto anch’io occuparmi di questo caso: di fronte a una notizia riportata da tanti organi d’informazione nel solito modo, la strumentalizzazione è scontata. Così ho voluto chiarire il vero motivo per il quale il caso si è verificato.

  • M.P. |

    Osservazione interessante che, tuttavia, solleva l’attenzione su un problema spesso trascurato: il verbale fa prova fino a querela di falso e le risultanze in esso contenute fanno prova fino a prova contraria.
    Senza voler entrare i particolarismi giuridici e legulei, stando così le cose e salvo errori così grossolani come nel caso concreto:
    a) quale è la garanzia sul corretto funzionamento della macchina per il cittadino (un generico affidamento)?
    b) quale affidamento può fare il cittadino sul rispetto di una attenzione veramente minima da parte dell’operatore umano (se mai questo esiste)?
    [risponde Maurizio Caprino] Però la Cassazione non ritiene necessaria la querela di falso in caso di errori evidenti, come questo indubbiamente è. Peraltro questo principio è stato affermato proprio in una sentenza che riporta rigore in merito alla querela di falso, limitandola appunto a casi estremi come questo.

  • GoldWing98 |

    Aggiungo una considerazione.
    Negli atti pubblici, nella compilazione di assegni, perfino a volte nella corrispondenza privata, si usa ripere i numeri anche in lettere.
    Non so se gli operatori comunali, dopo aver scritto i verbali (a mano o con macchina da scrivere o, come ormai comune, col pc) li leggono (non sarebbe male), ma credo che una scritta “milleduecento” al posto di “centoventi” colpirebbe gli occhi (e la mente) anche dell’operatore più distratto. E gli permetterebbe di rimediare prontamente.

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