L’incidente di Lamezia può capitare a tutti. Allora basta distrazioni e tutti a scuola (ora si può)

Incidenti come quello di domenica a Lamezia Terme uccidono ben più persone dei sette ciclisti falciati dal ragazzo di origine marocchina che guidava sotto (a quanto pare) l'effetto della cannabis e aveva già commesso di recente un'infrazione da sospensione della patente. Perché fatti del genere inducono nell'opinione pubblica un effetto di cui si parla poco e che si aggiunge al legittimo e scontato allarme suscitato dal pensiero di avere su strada conducenti così pericolosi. Questo effetto aggiuntivo è tranquillizzante: si pensa che, in fondo, incidenti così capitano solo a gente così. Si dice a se stessi: "Io non mi drogo, mi ritengo prudente, quindi sono al sicuro". E invece non è così.

Certo, non è "facile" travolgere un intero gruppo di ciclisti in pieno giorno su un rettilineo senza ostacoli alla visibilità, com'è accaduto domenica a Lamezia. Ma, tanto per cominciare, su quello stesso rettilineo a togliere visibilità potrebbero esserci il sole radente in certe ore o un veicolo parcheggiato male, un cartellone pubblicitario messo da cani e tante altre cose. Aggiungiamo che per molti un rettilineo è diventato un'occasione imperdibile per guardare e-mail ed sms e magari pure per rispondere a qualcuno. Senza contare che si può essere stanchi o deconcentrati. O che, ora che è inverno, si guida con addosso pesanti giubbotti senza controllare se si conserva lo stesso la piena manovrabilità del volante (le mani devono sempre poter raggiungere il suo punto superiore – quello a "ore 12" – e per fare questo è bene sollevarsi un attimo dal cuscino e tirare su la parte di giubbotto finita sotto le natiche, così che le maniche non "tirino" limitando i movimenti delle braccia). Magari aggiungiamoci pure un bicchierino di vino, che tanto non fa sforare i limiti di tasso alcolemico.

Piccole cose, a cui nessuno pensa. Soprattutto oggi che le auto, silenziose e piene di elettronica che annulla la sensazione di limite che prima veniva molto chiaramente da gomme molto più insicure delle attuali, ci hanno disabituato a pensare: c'è chi si stupisce sentendo stridere le gomme bagnate nel parcheggio sotterraneo di un ipermercato, dove l'asfalto lascia il posto al cemento (la tecnologia ha fatto dimenticare che il coefficiente di aderenza può cambiare radicalmente le cose).

Tutti pensieri che mi sono tornati sabato e domenica sulla pista mondiale di Misano Adriatico (Rimini), nel corso GuidarePilotare di Siegfried Stohr che mi sono regalato per Natale. Perché ho risentito la puzza delle gomme e delle pastiglie freni stressate (pensate che è vietato inserire il freno a mano, perché il materiale di attrito bollente danneggerebbe il disco) da manovre di emergenza che su strada raramente capitano. Questo "raramente" è la foglia di fico dietro la quale molti si nascondono. Ma in realtà sento parlare sempre più spesso di incidenti in cui c'è un solo veicolo coinvolto e il conducente sembra aver "fatto tutto da solo". Probabilmente perché ha capito tardi che si stava mettendo nei guai e, quando lo ha capito, aveva margini d'intervento più stretti, che un guidatore normale non sa gestire. Non mi vergogno a dire che queste cose mi hanno sempre attratto e questo era il mio terzo corso a Misano e il sesto di tutta la mia vita, ma solo adesso sento di aver fuso teoria e pratica in modo sufficiente per pensare di catalogare al volo ogni situazione e reagire di conseguenza.

Ovviamente non vi sto invitando a spendere fortune per frequentare una serie di corsi. Può bastarne uno solo (costa sui 300 euro), a patto poi di studiare per bene il materiale didattico che vi lasciano da portare a casa. Certo, poi è molto meglio ripetere l'esperienza ogni tanto (sia per perfezionarsi sia per non perdere l'allenamento), ma anche un solo corso basta per capire che cosa può davvero capitare per strada e quanto è difficile rimediare con le proprie modeste capacità. La lezione più grande che se ne trae, quindi, è imparare a prevedere i pericoli e di conseguenza evitare di ficcarcisi dentro. Magari si guiderà in modo meno "sportivo", ma vi garantisco che è una gran soddisfazione pure lasciarsi superare da qualcuno e poi vederlo in difficoltà per non aver capito che c'era un potenziale pericolo, che voi invece avevate scoperto e che vi ha indotto alla prudenza.

Se n'è reso conto da tempo anche il ministero delle Infrastrutture, che il 22 settembre 2009 ha firmato un protocollo d'intesa con alcuni privati per sperimentare l'efficacia di questi corsi andando a vedere se gli allievi che ne escono hanno incidenti o commettono infrazioni. Tutti dati che serviranno a valutare se imporre un contenuto obbligatorio e quali saranno i casi in cui è opportuno autorizzare il recupero di cinque punti-patenti proprio attraverso uno di questi corsi (come prevede la riforma del Codice, che anche su questo aspetto attende ora un decreto ministeriale attuativo). La settimana scorsa a Roma sono state definite le linee guida della sperimentazione, con i programmi d'insegnamento e i requisiti di chi li eroga (strutture, insegnanti, dotazioni). Hanno aderito Aci, Anpss, Aiscam, Ancma, Bmw Italia, Consepi, Consorzio nazionale guida difensiva, Dekra, Dorado Cigs, Fmi, Fondazione Ania, GuidarePilotare e Provincia autonoma di Bolzano. Buon lavoro!

  • Giuliano Gavazzi |

    al caro signor andrea105, legga il pur pro-automobile codice della strada:
    1. I ciclisti devono procedere su unica fila in tutti i casi in cui
    le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai
    affiancati in numero superiore a due; quando circolano fuori dai
    centri abitati devono sempre procedere su unica fila, salvo che uno
    di essi sia minore di anni dieci e proceda sulla destra dell’altro.
    sarebbe criminale obbligare i ciclisti al margine destro, visto che porterebbe alla loro definitiva invisibilità. Inoltre, il codice prevede prudenza e adattamento della guida alle condizioni della strada. Questo include la presenza di ciclisti. Chi non adatta la propria velocità e non mantiene distanza di sicurezza (anche laterale) da ciclisti presenti (anche come sola possibilità dietro a un ostacolo visivo) commette una grave imprudenza ed è responsabile delle conseguenze.
    Riguardo al concorso di colpa che dice lei, perché non ci incontriamo in un poligono, io con un M12 e i paraocchi, lei a piedi e disarmato. Le regole sono: lei cerca di evitare i proiettili, io sparo senza prendere la mira e nel frattempo leggo un libro (quella che gli inglesi definirebbero “a sporting chance” ). Se la becco, io mi scuso per l’incidente ma lei si prende anche il concorso di colpa. Mi chiede il perché? Ma è ovvio, lei non si è scansato con sufficiente solerzia…
    Ovviamente è una metafora, ma eticamente calza bene il suo atteggiamento.

  • carlo |

    sono certo che quando accade un incidente (se è mortale spesso è omicidio)c’è sempre la responsabilità di qualcuno,raramente scoppia una gomma o altro simile, io percorro 4000 km l’anno non ho mai avuto incidenti , non ho frequentato corsi di guida sicura ,mi ritengo un autista normale mettendo in pratica quello che mi hanno insegnato e il rispetto degli altri utenti della strada in pratica voglio dire se tutti rispettassero le leggi stradali raramente ci sarebbero incidenti e meno vittime da piangere . avrei altro da dire saluti carlo

  • andrea105 |

    da ciclista veterano (pedalo da almeno 45 anni) seppur “turistico” mi permetto di dissentire;
    le bici devono stare sul margine dx della strada, in fila indiana, non in gruppo;
    non conosco nel dettaglio la dinamica dell’incidente di Lamezia;
    in linea teorica, se un gruppo di ciclisti viene travolto dietro una curva, c’è almeno concorso di colpa
    [risponde Maurizio Caprino] Nessuno conosce ancora l’esatta dinamica dell’incidente di Lamezia (se mai la si conoscerà). Però sembra chiaro che l’incidente sia avvenuto in rettilineo e un’auto da una tonnellata e mezza come quella guidata dall’investitore ha energia cinetica sufficiente per travolgere un gruppo di ciclisti anche in sequenza, quindi anche se questi viaggiano rigorosamente in fila indiana.

  • caiofabricius |

    Grazie, mi scuso per non averlo individuato prima.
    In ogni caso siamo ancora alla PREISTORIA della SICUREZZA: quando pedoni e ciclisti potranno muoversi con serenità allora avremo (avranno, i nostri pronipoti) vinto la più importante battaglia di CIVILTA’ URBANA

  • caiofabricius |

    VISTO CHE GIA’ SUI GIORNALI LA NOTIZIA DI QUESTA PREVEDIBILE ED ANNUNCIATA STRAGE DEGLI INNOCENTI E’ SCOMPARSA;
    visto anche che qui, seppur con condivisibile intento didattico, si parla comunque e solo di automobili;
    vista anche che la quasi unanime reazione della gggente è stata di biasimo al drogato soprattutto perchè marocchino, non tanto perchè corresse come un tdc, tenendo a precisare che anche il rallentante ciclista davanti alla suo bel crucco feticcio nerolucidoclimatiddissiai è almeno parimenti colpevole (di lesa maestà e sparigliamento di convinzione di eslusività sulle strade )…
    Provo allora a diffondere le idee di noi CICLISTI URBANI QUOTIDIANI, mirabilmente sintetizzate nel pezzo di Paolo RUMIZ oggi su Repubblica.
    http://www.repubblica.it/cronaca/2010/12/07/news/italia_pedala_pericolosamente-9908072/
    “Non ti guardano, non ti vedono. Non ti considerano una persona. Sei una bici, non un uomo, una donna e un bambino che va. Un bersaglio nel parabrezza. Un gioco della playstation a destra della mezzeria. Loro non ti sentono, hanno musica nell’abitacolo, telefonano, sono sigillati con l’aria condizionata, e poi c’è anche il motore che non fa rumore, non dice loro che vanno oltre il limite. L’elettronica li rende senza peso, massa inerziale; nasconde che il motore è un’arma e la patente un porto d’armi. E nemmeno tu li senti arrivare, perché oggi le macchine sono cose carenate e silenziose come ghepardi nella savana. Arrivano da dietro, a tradimento…..
    La strada italiana è diventata un campo di battaglia e chi non ha la grossa cilindrata soccombe. Macchine sempre più potenti, fretta e frustrazione in aumento, insofferenza per chi va piano….
    ….È uno scontro culturale prima che urbanistico: la bici è vista un intralcio al traffico non la base per decongestionarlo. Aveva ragione Ivan Illich in quel geniale testo di economia che è “Elogio della bicicletta”. C’è una guerra civile in corso tra il mondo ad alta energia e bassa comunicazione interpersonale, e il suo opposto.
    È sempre peggio: le statistiche che vantano la diminuzione degli incidenti stradali sono un bluff perché riguardano solo gli automobilisti. Per pedoni e ciclisti il numero dei morti è costante, se non in aumento, e di questo non si parla. ….se depuri il dato dagli incidenti in autostrada e quelli del sabato sera dove le bici sono assenti e il traffico a piedi pure, scopri che i ciclisti e i pedoni falciati in situazioni normali sono il cinquanta per cento e non il quindici come si afferma
    Una delle cose più fenomenali è la faccia ebete di quelli che ti spalancano la portiera e anziché chiedere scusa dicono con gli occhi: ma tu che ci fai qui….
    All’estero gli italiani li riconosci da una cosa: sono gli unici che ringraziano se li lasci passare sulle strisce pedonali 
    [risponde Maurizio Caprino] Dei rischi dei ciclisti e di come vengono percepiti dagli automobilisti (non solo in Italia) ho scritto un mese fa: http://mauriziocaprino.blog.ilsole24ore.com/2010/11/se-un-ciclista-ha-il-casco-gli-automobilisti-gli-fanno-il-pelo.html#tp

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