Brunetta taglia le auto blu, ma ora che ne facciamo degli autisti?

Ci ha messo un mese abbondante più del previsto, ma alla fine pare ce l'abbia fatta: Renato Brunetta, ministro della Funzione pubblica, ha approntato il disegno di legge che, quando il Parlamento lo avrà approvato, disporrà il taglio delle auto blu (Scarica DDL BRUNETTA), portando – si stima dal 2014 - un risparmio medio annuo di oltre 200mila euro per ciascuna amministrazione. Voi direte: tutto qui? Effettivamente, data la veemenza con cui periodicamente ci si scaglia contro le auto blu, ci si sarebbe potuti aspettare ben altre cifre. Ma il fatto è che alla fine, stringi stringi, le auto di rappresentanza con autista sono risultate appena 418 nelle amministrazioni centrali e 1.369 in quelle locali (eccovi i dettagli (Scarica Dati_Rilevazione_Auto_Blu). Una miseria in confronto alle 630mila che erano state urlate da tutti su indicazione dell'associazione Contribuenti.it. Urla che ho in parte condiviso, ma che hanno creato anche qualche psicosi: mi segnalano che l'altro giorno una cittadina ha inveito contro l'autista di una Mercedes che si comportava scorrettamente scambiandolo per la scorta di un politico, mentre invece l'auto era al servizio di un anonimo signore che l'aveva presa a noleggio (auto del genere si riconoscono per la placca "NCC" – noleggio con conducente vicino alla targa).

Come potete vedere da soli nel file allegato, i numeri grossi stanno nelle auto di servizio, che però non sono affatto "blu": certo, di qualcuna si potrebbe fare a mano, ma ciò fa il paio con le difficoltà di talune Procure e uffici di polizia dove a volte si usa l'auto propria per garantire comunque il servizio. Insomma, ci vuole un riordino e qui si spera che Brunetta si dimostri all'altezza (senza ironia) del compito che si è autoassegnato.

Le cronache dicono che resterà il problema di assorbire quelli tra i 25mila autisti attuali che alla fine risulteranno in esubero. Mi sembra inevitabile, ovviamente a patto che Brunetta metta pesantemente mano anche alle procedure burocratiche (molti autisti servono per portare scartoffie da un ufficio all'altro, in barba alla digitalizzazione più volte strombazzata e certo iniziata, ma non prossima ad essere completata). Ma, soprattutto, ciò che ci dovrebbe stare a cuore è che siano autisti ben formati: avere la patente non dà le necessarie garanzie tecniche né psicologiche affinché il loro comportamento sia irreprensibile e allontani la diffidenza che la categoria si è attirata. Anche per colpe altrui, certo. Ma non può dirsene estranea.

  • Luca Stilli |

    Leggendo i commenti di Ezio Pacchiardo e Roberto Castellano rimango senza parole, prendo atto di quanta ignoranza e quanti preconcetti ci siano in Italia.
    A prescindere dal fatto che gli autisti sono dipendenti pubblici, e quindi non possono essere licenziati in caso di “esubero”, non ingrossando le file dei disoccupati in Italia, una tragedia sociale per me, ma forse per Roberto Castellano qualcosa di inevitabile, un “chissenefrega”, tanto non tocca a me questa volta, potrei andare avanti a lungo ma occuperei troppo spazio.
    In merito all’opinione di Ezio Pacchiardo, secondo il quale i dipendenti pubblici sono lautamente pagati, forse non sa che la categoria degli autisti ha “lauti” stipendi che nella maggior parte dei casi si trovano nella fascia di 1.100-1.200 euro mensili, certo il mondo cambia e bisogna essere pronti al cambiamento anche in barba ai sindacati irresponsabili, forse sarebbe meglio andare a lavorare in qualche fabbirica cinese 18 ore al giorno con paghe di 3 euro mensili, senza ferie, malattia, pensione, questo è il futuro!
    Ma noi dipendenti pubblici che siamo sulle spalle dei contribuenti!
    Ma quando arriva il momento in cui abbiamo bisogno: (di giustizia, di assistenza sanitaria, di istruzione, ecc.), a chi ci rivolgiamo…ci pensi.

  • Robeto Castellano |

    Lo Stato non deve essere un istituto di beneficenza, è chiaro che se si riducono (finalmente !) le auto blu bisogna ridurre anche i relativi autisti. Chi troverà un nuovo posto di lavoro bene, gli altri adndranno purtroppo ad arricchire le liste dei disoccupati, di quelli che hanno visto i loro posti di lavoro tagliati in altre occasioni.

  • Ezio Pacchiardo |

    L’eterna professione.
    Non esiste. Oggigiorno la vita lavorativa è molto più lunga della vita di ogni specifica professione e questo implica che chi vuole continuare a lavorare deve necessariamente adeguarsi e cambiare di professione in accordo con la trasformazione che l’ambiente socio-economico richiede. Il cambiamento delle professioni è determinato dalla rapida obsolescenza delle tecnologie, dei servizi, dei prodotti e di quant’altro il mercato (noi siamo il mercato) richiede. Certo è scomodo per chi ha un impiego in organizzazioni pubbliche, quindi lautamente pagato e assicurato, pensare al cambiamento; è più agevole sostenere una lotta pienamente appoggiata da sindacati irresponsabili, piuttosto che accettare responsabilmente l’onere del cambiamento; è più comodo stare sulle spalle della comunità pagante piuttosto che impegnarsi nel trovare un altro impiego o piuttosto che darsi da fare per riqualificarsi. Ma dobbiamo, se non altro per onestà intellettuale, renderci consapevoli che il conto alla fine arriva e senza sconti.

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