Vi ricordate il clamore sollevato a inizio giugno 2009 dalla maxi-inchiesta della Guardia di finanza di Sala Consilina sui controlli di velocità truccati in mezza Italia? Da subito vi scrissi che ne avremmo viste delle belle (http://mauriziocaprino.blog.ilsole24ore.com/2009/06/la-truffa-del-velomatic-verbali-falsi-per-risparmiare-sulla-taratura.html#tp), sia per il calibro del personaggio attorno al quale ruotava l'affare sia perché erano stati trovati addirittura apparecchi clonati per farli figurare tarati quando invece non lo erano. Ora pare che la promessa sia stata mantenuta. Non tanto perché ieri sera è arrivata la notizia del rinvio a giudizio per il troncone d'indagine rimasto alla Procura di Salerno (Scarica Rinvii a giudizio operazione devius – autovelox), quanto per il fatto che un perito nominato dal magistrato avrebbe accertato che questi apparecchi erano davvero inaffidabili: pare che certe misurazioni dessero fino a 30 km/h in più rispetto al valore reale.
Attenzione: chiunque conosca il funzionamento dei misuratori di velocità sa che notizie del genere vanno prese con le molle. Ma ho indagato e pare sia stata fatta una prova su strada e che il risultato sia stato effettivamente questo. Diventa quindi molto verosimile la tesi che espone Enrico (1°) nel primo commento a questo post, inviatomi quando ancora non avevo ottenuto una conferma affidabile della notizia. In sostanza, il problema non viene dagli apparecchi tradizionali (quelli installabili semplicemente poggiandoli sull'asfalto o in un box), ma da quelli che necessitano l'installazione di spire a terra: le spire sono il metodo di rilevazione migliore per misurare tutti i passaggi e individuare bene i trasgressori, ma sono soggette a montaggio che dev'essere preciso e richiede regolazioni a posteriori, Chi vigila su queste regolazioni, che ovviamente non rientrano nelle procedure di omologazione del prototipo ma si fanno apparecchio per apparecchio secondo la conformazione del luogo dove lo si deve usare? Il problema è analogo a quello dei semafori, dove la maggior parte dei rilevatori d'infrazione funziona con spire. L'unica soluzione è imporre in tutti questi casi la presenza di un progetto specifico per ogni installazione, con obbligo di collaudo certificato una volta finiti i lavori e prima di avviare l'attività sanzionatoria.
Per il resto, lo scenario è analogo alle altre inchieste sui controlli stradali fatti dai Comuni avvalendosi di aziende private: pare che i primi - per impossibilità legate a scarsità o impreparazione dei vigili, per acquiescenza o per complicità – abbiano fatto andare il ruolo delle seconde ben oltre ciò che la legge consente. Quindi, facendo rilevare e convalidare le infrazioni direttamente ai privati, che determinavano pure i punti dove operare. Scegliendoli in base alla loro "redditività", se del caso anche in barba al fatto che il prefetto non aveva incluso quel punto tra quelli più pericolosi dove autorizzare i controlli automatici.
Infine, anche in questo caso, c'è il sospetto degli appalti truccati. Pare si presentassero alle gare ditte formalmente distinte, ma sempre legate al personaggio-chiave, che è sulla scena da vent'anni. Vedremo come andrà a finire.