Un attimo di distrazione e distruggo l’auto davanti a me. Eppure ero a 80 all’ora

Guidavo concentrato, guardando bene avanti. Non mi stavo facendo distrarre nemmeno dalla voglia di valutare l'accelerazione di un motore che m'interessa molto, l'ultima versione del 2 litri turbodiesel Bmw di potenza intermedia, migliorata da poco. Eppure era come se fossi distratto e ho tamponato. Anche se solo in modo virtuale: ero sulla pista di Misano Adriatico a fare uno stage di guida sicura a Guidarepilotare (di Siegfried Stohr) e la Fondazione Ania, che voleva soprattutto ribattere sul tasto della guida distratta, su cui ha impostato la campagna principale di quest'estate.

Come ho fatto a distrarmi? Semplice: l'esercizio consisteva nell'accelerare in rettilineo dietro a un compagno di corso, che faceva da lepre e a un certo punto inchiodava. Per non rischiare, le due vetture erano in corsie diverse. Così io, invece di guardare la lepre sull'altra corsia (tanto, su pista sorvegliata, sulla mia corsia è garantito che non arriva nessuno), guardavo avanti come se fossi davvero in autostrada e ho visto in ritardo i suoi stop accesi.

Così ho fatto l'unica cosa possibile: frenare come meglio non si poteva. In fondo, basta schiacciare con tutta la forza, senza farsi impressionare dal fatto che ci si sente catapultati in avanti sollevandosi dal sedile nonostante la cintura (e pensate come dev'essere in caso di urto frontale). Ma mi sono fermato in corrispondenza della gomma posteriore di chi mi precedeva: fossimo stati nella stessa corsia, gli sarei arrivato quasi all'altezza dello schienale posteriore, facendo davvero male a qualcuno.

Questa è la conseguenza di una piccola distrazione a 80 all'ora. E tra i miei compagni di corso nessun altro ha tamponato, ma ci si ritrovava a partire con 30 metri di svantaggio rispetto alla lepre e chiudere la frenata a 15-20 metri dal suo paraurti. Insomma, anche a velocità che riteniamo universalmente basse il tempo di reazione (in questo caso buono, perché eravamo tutti attenti e concentrati, ci sarebbe stato da vederci dopo cinque ore di autostrada!) fa sì che oltre metà del margine di sicurezza si eroda.

Insomma, un esercizio per rendersi conto con i propri occhi di che cos'è la distrazione. Anche quando vai piano e solo per questo ti senti autorizzato a distrarti.

  • andrea |

    Sì, non ho mai avuto occasione di provarne uno, ma ricordo d’averne letto e sentito parlare; se non ricordo male debuttò sui primi esemplari della scorsa edizione della BMW serie 7. Se non erro, l’intento principale doveva essere concentrare tutti i comandi cosidetti secondari per semplificare la gestione delle numerose funzioni, ma il risultato nella prima versione era talmente caotico da rendere complicate anche le operazioni comuni.
    Qualche volta anche chi sa fare bene, col tempo può peccare di presunzione (ma qui il discorso si farebbe molto più ampio!).
    Prescindendo da questi casi peculiari, in linea di massima se i comandi principali sono progettati ergonomicamente e sono esattamente dove e come dovrebbero essere, dovrebbero anche risultare più consoni ad un utilizzo semplice ed immediato, a parità di altre condizioni. Ciò tendenzialmente succede più spesso sulle vetture di un certo rango e solo in parte queste soluzioni col tempo vengono mutuate dalle vetture dalle pretese più modeste. Questo secondo un principio di contenimento dei costi, ma anche, credo, a causa di una certa indolenza e superficialità da parte di alcuni costruttori: ad esempio non credo costi molto di più allineare correttamente una pedaliera rispetto a sedile e volante, non crede? Il guidatore magari non se ne accorge o si abitua col tempo, ma questa è senz’altro una causa di allungamento dei tempi di reazione.
    [risponde Maurizio Caprino] Esatto, era la Serie 7 del 2002 e l’i-Drive “cattivo” è stato in produzione fino al restyling della Serie 3 attuale. Il suo difetto peggiore, però, non era tanto la complessità, quanto la lentezza nell’esecuzione dei comandi: talvolta il guidatore pensava che il suo comando non fosse stato percepito dal sistema e cliccava una seconda volta, mentre invece il sistema lo aveva sentito ed eseguiva poi in sequenza i due comandi dati, andando così un passo avanti rispetto a quanto desiderato dal guidatore, che restava così spiazzato davanti al display per cercare di capire cosa fosse accaduto. Una cosa devastante per i tempi di reazione.
    Quanto alla disposizione dei comandi, il vero problema è che manca la standardizzazione. Persino su tasti fondamentali come l’hazard. Purtroppo comandi piazzati male li ho visti anche su auto di rango, le stesse che peraltro a volte eccedono in tastini piccoli messi tutti vicini sulla console centrale (penso a Insignia, 407 e in parte alla Classe E della serie precedente: tutte con l’impostazione “ricca” che poteva avere una Thema negli anni Ottanta, quando però il problema non si era ancora posto). E non parliamo di comandi particolari come quelli del cruise control attivo.
    Quanto alla disposizione dei pedali, non è detto sia facile ed economico migliorarla: ci sono troppi vincoli dati da disposizione degli organi meccanici, crash-test eccetera.

  • andrea |

    Sono certamente d’accordo con ciò che dice, caro Maurizio Caprino, tra l’altro nel mio piccolo da dilettante ho guidato anch’io sulla pista di Misano e mi sono accorto che, ancor più che su strada, in pista si rischia di non rendersi conto di velocità e accellerazione del proprio veicolo e di chi ci precede.
    Forse prima sono stato poco chiaro o prolisso, volevo concentrarmi sull’affermazione della lettrice “Diana” che mi ha preceduto, affermazione a mio avviso tanto diffusa quanto eccessivamente schematica e quindi in questo contesto pericolosa: senza entrare in dettagli noiosi per i più, le auto non sono tutte uguali, un’utilitaria ha senza dubbio, ripeto, a parità di diligenza del conducente, dei limiti ulteriori di cui bisogna tenere conto nella guida rispetto ad un’auto più grande e prestante.
    Aggiungerei persino che, essendo più impegnativa da condurre su certi percorsi, possa anche penalizzare anche i tempi di reazione, al contrario di ciò che dice la lettrice.
    [risponde Maurizio Caprino] I tempi di reazione sono quanto di più insondabile ci possa essere. Io penso che ognuno di noi probabilmente non possa essere uguale nemmeno a se stesso, nel senso che la stessa manovra fatta nelle stesse condizioni può riuscire o non riuscire a distanza di mezz’ora.
    Premesso questo, tra i tanti motivi che possono incidere sui tempi di reazione c’è la complessita dei comandi, che tendenzialmente è maggiore su vetture di un certo rango. Se poi prendiamo qualche esempio particolare, come l’infelice prima versione dell’I-Drive Bmw, scopriamo che i tempi di reazione possono dilatarsi in modo incredibile.

  • andrea |

    Mi rivolgo in particolare a Diana, che ha appena scritto, ma anche a tutti coloro che la pensano come lei.
    Come spesso accade, la verità sta nel mezzo:
    1. i tempi di reazione sono certamente essenziali e questo deve far riflettere su come ci si comporta alla guida, perciò occorre prestare sempre la massima attenzione (sembra banale, ma non lo è, è una questione di atteggiamento alla guida) e calibrare le proprie prestazioni al traffico e all’ambiente circostante;
    2. però è innegabile che rispetto ad una utilitaria un’auto prestante abbia margini di sicurezza più elevati a parità di diligenza del conducente. Ciò grazie alla progettazione più accurata e all’impiantistica meglio dimensionata di cui quest’ultima sarà senz’altro dotata.
    Quello che dico non vuole essere un incentivo a correre a chi possiede un’auto più prestante, ma al contrario a far riflettere coloro che, pur guidando un’utilitaria, assumono andature spericolate e scorrette ignorando i limiti del mezzo che hanno a disposizione.
    [risponde Maurizio Caprino] D’accordo, ma io non sono riuscito ad evitare il “disastro” nonostante l’andatura “bassa” e l’eccellenza dell’auto. Su questo occorre riflettere soprattutto. Se avessi guidato una vettura meno prestante e con qualche pecca di manutenzione, sarei arrivato a “travolgere” chi mi precedeva in modo ancora più grave.

  • diana |

    Vorrei tanto che questo articolo venisse letto dai soliti “ma tanto io ho la BMW/Mercedes/ecc e freno in poco spazio, mica ho una macchinetta da città”… come se i tempi di reazione dipendessero dalla cilindrata dell’auto!

  • fabrizio sabbatini |

    tutto vero caro Maurizio,..ciò che manca è la diffusione e, di conseguenza, la conoscenza di queste informazioni. Per questo motivo , mio figlio (di sua iniziativa), ha seguito sia il corso base ACI (a Vallelunga) che quello di Stohr a Misano. Ma la vera novità dovrebbe essere un’altra : diffondere a livello locale questi corsi coinvolgendo ACI, Autoscuole e Polizia municipale. Stabilire un “quid” minimo e coinvolgere tutti i giovani, magari con delle graduatorie, e perchè no, dei premi sui risultati raggiunti…si può fare ? non lo so, di certo è che quello che viene descritto nel Tuo articolo affronta un argomento delicatissimo : la 1° causa di morte tra i giovani della nostra epoca. Buona giornata.

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