Il mestiere del cronista non è facile. Nemmeno quando si ha il privilegio di non essere legati alla propria scrivania a produrre pagine e ci si può spostare secondo le notizie: occorre capire dove sta succedendo qualcosa che valga la pena raccontare, arrivarci in fretta, capire bene come stanno le cose e spiegarle chiaramente. In Italia, se ci si muove in zone non conosciute, c'è una difficoltà in più: la segnaletica.
Se ne sono accorti i colleghi inviati il 23 agosto a Melfi, a seguire le fasi più tese della vicenda dei tre operai Fiat licenziati, reintegrati dal giudice e respinti dall'azienda. Subito dopo l'uscita di Candela dell'autostrada A16, ci si ritrova in una rotonda gestita dalla Provincia di Foggia. Qui, capire come s'imbocca la superstrada per Melfi è arduo: ci sono decine di segnali che indicano anche paesi da poche anime, sul Subappennino dauno.
Luoghi rispettabilissimi, tanto più che da anni chi vi abita sta giustamente pressando la Provincia affinché sistemi gli unici collegamenti viari che hanno e che sembrano una gruviera a causa delle tante frane di quel territorio. Ma che succede quando un nuovo autista extracomunitario deve portare un camion a Melfi, dove oltretutto non c'è solo la Fiat ma anche l'indotto e altre aziende tra cui la Barilla?