Non è solo colpa della crisi. Se chi cerca in Italia un'auto di seconda mano rischia seriamente di trovare un esemplare col contachilometri taroccato, i risparmi che i noleggiatori (grandi fornitori di usato fresco) in difficoltà finanziarie sono costretti a fare sulla manutenzione (http://mauriziocaprino.blog.ilsole24ore.com/2010/01/gli-effetti-della-crisi2-lusato-insicuro-si-vede-anche-dal-libretto.html#tp) sono solo la più recente delle cause. Alla base di tutto c'è l'opacità del mercato. Fomentata dal fatto che spesso sono gli stessi primi proprietari delle vetture a volerle schilometrare (o ad accettare dai commercianti quotazioni favorevoli, sostenibili solo se l'operatore prevede di manomettere il contachilometri), tanto che in Italia la certificazione dell'usato non attecchisce come nel Nord Europa. A chiudere il cerchio, c'è il fatto che l'operatore disonesto, di fatto, rischia poco: certo, può essere condannato per truffa. Ma le pene sono lievi. Né fa paura la prospettiva di dover ogni tanto risarcire quei rari clienti che si accorgono del trucco e hanno pure indagato per dimostrarlo.
Ma l'Antitrust adesso ha rovesciato il tavolo: ha condannato pesantemente due concessionarie che hanno scalato dal contachilometri cifre pazzesche (anche 100mila km, i particolari li potete leggere su www.sicurauto.it) per pratiche commerciali scorrette. In pratica, ha usato la stessa arma giuridica (Dlgs 146/07) che in nemmeno tre anni fa ha arricchito il Codice del consumo punendo tutti quei comportamenti di operatori commerciali e fornitori di beni e servizi che occultano elementi tali da indurre il cliente a rinunciare all'acquisto. Un'arma potentissima, tanto che è servita persino per punire le società autostradali che hanno gestito male lo storico maxi-ingorgo del 1° agosto 2009 sull'allora nuovissimo Passante di Mestre. Un grado di tutela del consumatore impensabile prima.
Che la norma funzioni è stato chiaro anche alla squadra di pg (polizia giudiziaria) della Stradale della Toscana: ben sapendo che il deterrente della denuncia per truffa serve a poco, ha segnalato le proprie indagini all'Antitrust affinché intervenisse. E l'intervento è stato effettivamente pesante: 250mila euro di multa nel bilancio di una concessionaria d'auto – per quanto tanto grande da fatturare 48 milioni all'anno – si sentono molto, soprattutto in questo periodo di crisi.
Ora che la strada è tracciata, tenetela a mente: potrebbe servire a tutti, visto che i taroccatori in Italia sono ben più dei due operatori appena multati. E, se gli esposti all'Antitrust si moltiplicassero, s'innescherebbe un effetto deterrente tale da rivoluzionare (finalmente!) il mercato. Un mercato finora tanto inerte che, a più di otto anni dall'entrata in vigore delle regole europee sulla garanzia, ancora molti venditori non compilano uno stato d'uso trasparente, l'unico documento che li solleverebbe dalla responsabilità per la garanzia sulle parti del veicolo che sono in cattivo stato. Spesso le magagne si preferisce ancora occultarle, per non spaventare il cliente e perderlo. Tanto, poi lui conosce poco i suoi diritti e ancor meno ha la forza per farli valere.
A proposito: la multa per le due concessionarie è stata alta anche perché l'Antitrust ha riconosciuto anche una seconda pratica scorretta, cioè la prestazione di una garanzia (gestita da una società assicurativa) di contenuto inferiore ai minimi di legge senza specificare che il cliente che aveva diritto alle integrazioni di copertura eventualmente necessarie per giungere a questo minimo. Ulteriore dimostrazione dell'impotenza e dell'ignoranza in cui è tenuto il cliente.