Pubblicamente non lo ammetteranno mai. Ma, a chi ha il privilegio di conoscerli personalmente e bene, i tecnici che gestiscono le strade lo confessano senza problemi: se certi tratti pericolosi non vengono messi in sicurezza, a volte non è per mancanza di soldi, ma perché dopo un incidente ogni intervento migliorativo può sembrare un’ammissione di colpevolezza. Che quindi può costare una condanna al processo per quel sinistro. Ragionamento cinico e aberrante finché volete, ma vi garantisco che lo fanno. Come uscirne?
Una soluzione la indica l’Etsc (l’organismo europeo che si occupa di sicurezza dei trasporti): separare le inchieste penali da quelle tecniche, in modo che chi tace davanti al giudice per non aggravare la propria posizione (e giuridicamente ha tutto il diritto di farlo) possa dire tutto ciò che sa ai membri della commissione d’indagine tecnica (che sono interessati alle cause dell’incidente solo perché devono in base ad esse diramare raccomandazioni affinché non si ripeta più).
In particolare, una delle questioni più controverse dibattute ora a Bruxelles è se l’inchiesta giudiziaria debba avere la precedenza rispetto a quella tecnica. L’Etsc è sfavorevole, perchè si rischia di intimidire gli addetti ai lavori che in caso di incidente non saranno di certo propensi a contribuire al 100% per ricercare le cause: sarebbe più opportuno (dal punto di vista della prevenzione di possibili futuri incidenti) tutelare le informazioni che forniscono i diretti interessati e passarle alle autorità giudiziarie previo loro consenso. Si condannerà qualche responsabile in meno o meno duramente e si eviterà qualche sinistro in più.
Peccato che la proposta dell’Etsc si riferisca solo all’aviazione. D’altra parte, in campo stradale le inchieste solo tecniche praticamente non esistono. I tempi devono ancora maturare. E tutti (giornalisti, politici, tecnici e cittadini) devono fare la propria parte per farli maturare.