Ieri ho letto con interesse su "Panorama" l'articolo dell'amico Francesco Paravati, che spiega finalmente bene quanti erano e da dove venivano gli immigrati coinvolti nei brutti fatti di Rosarno (http://blog.panorama.it/italia/2010/01/11/rosarno-trappola-mortale-per-gli-africani/). La cosa che più mi ha colpito è che alcuni di loro erano tutt'altro che clandestini: anzi, erano regolari che finora hanno lavorato in fabbriche del Nord e si sono trovati disoccupati a causa della crisi. Tra le aziende settentrionali citate, la Oz, una delle bandiere della produzione nazionale di cerchi ruota.
Nel caso della Oz, però, temo che l'effetto della crisi si sia sovrapposto a quello della concorrenza sleale che da sempre la carenza delle norme italiane rende possibile. E che può andare a scapito non solo del made in Italy di cui tanto si parla, ma anche della sicurezza.
La questione è che in Italia, per circolare con le ruote in regola, basta avere pneumatici non usurati e di misura prevista dalla carta di circolazione. Così capita che chi – per necessità o ragioni estetiche – cambia i cerchi non ha alcun obbligo di far montare prodotti certificati. E, soprattutto, dato che nessuno controllerà la qualità, i gommisti hanno buon gioco a offrire cerchi di qualità scadente: i prezzi sono più bassi, quindi il cliente resta contento e il margine di guadagno dell'operatore non si comprime. Una Caporetto per la sicurezza: con le ruote non si dovrebbe scherzare, perché la nostra incolumità si poggia letteralmente su di esse.
Di tutto questo si era lamentato pubblicamente (http://www.comitato-tuning.com/video/soragna.asp) oltre due anni fa il boss della Oz, Claudio Bernoni, che sperava di trovare nelle future norme sulla liberalizzazione del tuning qualcosa che imponesse di dimostrare la certificazione di qualità al momento dei controlli su strada. Ma finora non se n'è fatto nulla. Poi è arrivata la crisi…