La sentenza sul telefonino non era garantista. Anzi

Metti una sentenza della Cassazione su un argomento popolare come quello delle multe e il trambusto è assicurato. Anche quando la sentenza afferma l'ovvio. E' successo anche ieri pomeriggio, quando su internet è uscita la notizia della sentenza 232/10, con cui la seconda sezione civile della Corte ha annullato la decurtazione dei punti comminata a una signora triestina per uso del cellulare mentre guidava. Leggendo la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza, si capisce subito che c'era stato un clamoroso errore del giudice di pace, che nella primavera 2005 aveva confermato la decurtazione nonostante la signora non fosse stata identificata come conducente della vettura (non l'avevano fermata subito): i vigili l'avevano irrogata perché all'epoca dell'infrazione (6 aprile 2004) i punti si toglievano al proprietario del veicolo "a prescindere", ma il 26 gennaio 2005 la Consulta dichiarò incostituzionale questa prassi imposta dall'articolo 126-bis del Codice della strada. Insomma, il giudice di pace non aveva tenuto conto della sentenza della Consulta, che invece è vincolante per tutti. La Cassazione non poteva che prenderne atto, annullando la decurtazione.

Quindi, nessuna svolta garantista in favore dei guidatori, come invece mi è parso di capire leggendo qua e là. Anzi.


Se guardiamo bene la sentenza, scopriamo che la Cassazione ha confermato l'indirizzo restrittivo in materia di errore degli agenti, adottato dalla scorsa estate (sentenza n. 17355/09, di cui vi scrissi all'epoca): salvo palesi contraddizioni nel verbale, anche le errate percezioni degli agenti vanno fatte annullare non con un semplice ricorso ma con una complicata querela di falso.

Inoltre, la signora triestina aveva eccepito che lei non stava parlando al telefono in modo vietato, in quanto la sua auto aveva il bluetooth. Dalla sentenza della Cassazione non si capisce come abbiano fatto i vigili a multarla, visto che il bluetooth consente di tenere le mani sul volante, allontanando qualsiasi sospetto di telefonata vietata. Chissà, forse la signora aveva preso il cellulare in mano per comporre un numero, cosa che durante la marcia è comunque vietata e quindi la sanzione sarebbe fondata. In ogni caso, la Cassazione su questo non ha fatto alcun distinguo e di solito i vigili le infrazioni "telefoniche" preferiscono punirle solo se fermano subito il trasgressore, per avere la certezza di ciò che sta facendo (oltre che per poterlo identificare, al fine di togliergli i punti, che nel caso specifico è la sanzione più efficace perché la multa è bassa).

A proposito di fermo immediato, la signora ha sostenuto che avrebbe potuto essere fermata subito, perché sia lei sia i vigili erano imbottigliati nel traffico e quindi sarebbe bastato che uno dei due agenti che formavano la pattuglia scendesse dall'auto di servizio. Ma qui i giudici hanno notato che questo argomento avrebbe dovuto essere portato in primo grado (la Cassazione non può essere adita per questioni di merito, ma solo di legittimità) e invece pare non sia stato fatto (errore dell'avvocato?).